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Il Monumento ai Caduti della Grande Guerra, a Piazza Roma, Milazzo

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cfr la rivista

Milazzo Nostra - numero 31, aprile 2012, di Franco Chillemi, si ringrazia per la gentile concessione.

 

La Storia del Monumento di Piazza Roma

Il novembre 1920 il consiglio comunale di Milazzo deliberava l'istituzione di un comitato cittadino che avrebbe curato la realizzazione di un monumento ai Caduti della Grande Guerra finanziato con offerte dei cittadini.

Una successiva delibera del 18 luglio 1923 integrava l'originaria delibera. Il comitato era ricostituito in data 16 febbraio 1924 dal commissario straordinario al Comune: ne facevano parte, nella sua ultima composizione, lo stesso commissario prefettizio al Comune Domenico Cambria, nella qualità di presidente, il tenente colonnello Francesco Del Buono autore della pubblicazione "Albo d'oro dei milazzesi morti per la patria" edita nel 1925, il colonnello Tommaso Del Buono, il tenente colonnello Pietro Bonina, il maggiore Francesco Magistri, l'ingegnere Letterio Savoia, il conte Diego Cumbo Calcagno, l'avvocato Domenico Ryolo, il capitano Francesco Berte e il cavaliere Matteo Betti.


In data 10 ottobre 1923 era bandito il concorso nazionale per la realizzazione del monumento: la commissione esaminatrice era composta dall'architetto Ernesto Basile, dal critico d'arte Ugo Fleres e dallo scultore Mario Rutelli. La composizione garantiva una giuria ai massimi livelli data la notoria qualità professionale dei suoi componenti.

Il monumento doveva sorgere a piazza Roma ed era prevista per i concorrenti piena libertà ideativa e di scelta dei materiali ma con esclusione di soluzioni sperimentali inadeguate al solenne soggetto.

Entro il 31 marzo 1924 i partecipanti dovevano depositare il bozzetto, un dettaglio di figura con dimensioni della metà del vero e una relazione illustrativa: gli elaborati sarebbero stati esposti fino al 30 aprile 1924. Con relazione del 12 maggio 1924 la commissione, dopo successive selezioni tra i diciannove bozzetti anonimi partecipanti contrassegnati da sigle, dichiarava vincitore il bozzetto "Roma 18" che risultava opera del giovane scultore palermitano Nino Geraci: la commissione prescriveva all'artista di prevedere una alta zoccolatura basamentale per dare maggiore rilievo alla statua.

Un secondo premio ex aequo di duemila lire era assegnato ai bozzetti degli scultori Domenico De Lisi di Palermo e Concesso Barca di Firenze.

Com'era fatto il progetto del Monumento ai Caduti

In data 23 ottobre 1924 il comitato e lo scultore Geraci sottoscrivevano il contratto di appalto N. 1240 Rep. e N. 140 d'ordine in notar Amos Amidei. Il documento prevedeva che il monumento dovesse avere ampio basamento e scalinata su cui sarebbe stato poggiato il piedistallo di forma " prismatica " che avrebbe retto due colonne ioniche rostrate terminanti con due grandi vittorie alate.

Nel mezzo, su base adeguata, sarebbe stata posizionata la statua del Milite. Ai lati, sulla scalinata, appositi zoccoli avrebbero retto due are fiammeggianti simbolo dell'amore per la patria. Al centro della parte frontale sarebbe stata posta una iscrizione commemorativa, con lettere simbolicamente campite in rosso, tra due corone con palme e corone di alloro.

La statua, alta m. 2,70, sarebbe stata fusa in bronzo patinato (fusione con formatura del Cellini a cera e getti rifiniti e patinati) e così pure le vittorie, i rostri delle colonne, le are e le corone.

Basamento, scalinata base della statua e colonne dovevano essere realizzati in pietra bianca di Comiso, escludendo l'uso della pietra lavica che era previsto dal progetto.

Le colonne, le vittorie alate e la statua del Milite sarebbero state assicurate con speciali perni di ferro per meglio resistere al vento di Ponente.

La consegna era prevista entro il 28 febbraio 1926 : il Comune avrebbe fornito due quintali di bronzo e avrebbe realizzato le fondamenta entro il 31 maggio 1925. La data prevista per l'inaugurazione era il 24 maggio 1926. Lo scultore sarebbe stato compensato per il monumento messo in opera con la somma complessiva di centomila lire, frutto della pubblica sottoscrizione, da pagare in più rate e comprensiva di ogni spesa e tassa. Erano previste penali in caso di inadempienza o ritardo.

In data 7 agosto 1925 l'ingegnere Eugenio Bonaccorsi si recava presso lo studio del Geraci in Palermo per osservare la statua provvisoriamente realizzata pronta per la fusione e formulava al comitato il suo parere ampiamente positivo. Tuttavia i tempi per la realizzazione si allungavano e il Geraci chiedeva e otteneva una proroga dei termini per la consegna. La fusione delle statue e degli ornati in bronzo fu eseguita dalla Fonderia Artistica Chiurazzi di Napoli e i lavori del basamento furono affidati alla ditta Francesco Trimboli.

L'ingegnere Domenico Ryolo fu incaricato il 18 gennaio 1926 di controllare la corretta esecuzione dei lavori in sostituzione dell'ingegnere Letterio Savoia che aveva fatto presente la propria impossibilità a portare a termine l'incarico.

Cfr anche la storia di Milazzo, vedi:

Domenico Ryolo parte 1 (vita ed opere )

Necropoli di Milazzo ed Antiquarium

Necropoli di Mylai

Il 27 luglio 1926 l'ingegnere Ryolo constatava l'ultimazione dei lavori in conformità al contratto, con lievi ma insignificanti modifiche ma con un migliore ancoraggio delle statue e con l'uso di un maggior volume di pietra di Comiso.

Il prezzo fu adeguato alla cifra di centoventicinquemila lire non senza contestazioni tra lo scultore (e il padre Gaetano Geraci ) e il comitato: probabilmente a causa del clima poco positivo che era maturato tra committente e artista quest'ultimo addirittura intimava per le vie legali a comitato e Comune di prendere in consegna il monumento ultimato con atto del 31 luglio 1926.

Non si conosce la data dell'inaugurazione, certo posteriore alla data di consegna ma anteriore alla solenne deposizione della corona in bronzo avvenuta il 25 febbraio 1927.

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Gli altri concorrenti

 Scarse tracce rimangono dei numerosi bozzetti presentati e gran parte dei concorrenti non sono identificati, ragion per cui non è possibile un completo esame critico dell'operato della commissione. Al concorso parteciparono alcuni scultori milazzesi che sono tra i pochi identificati grazie alle ricerche di Girolamo Fuduli. Filippo Lo Schiavo era giunto da Messina dopo il terremoto del 1908 e, ancora giovane, aveva iniziato una intensa attività in prevalenza cimiteriale per Milazzo e altri centri vicini: si ignora quale sia stata la sua formazione, certo iniziata a Messina prima del terremoto, e di fatto la sua produzione sembra la continuazione delle opere di stampo verista delle botteghe messinesi spazzate via dal disastro sismico ma senza i necessari aggiornamenti forse a causa delle tragiche vicende che avevano cambiato la vita dello scultore.

Il Lo Schiavo presentò i bozzetti Nike e Viribus, nessuno dei quali giunse all'ultima selezione.

Il bozzetto Nike prevedeva un grandioso basamento a gradoni, con targhe sui quattro lati, su cui poggiava la statua allegorica dell'Italia che protendeva un braccio verso un soldato incitandolo al combattimento mentre altri due militari caduti giacevano ai suoi piedi. Il bozzetto Viribus presentava, su alto ma sobrio basamento, la statua allegorica dell'Italia che reggeva una vittoria alata mentre ai suoi piedi giaceva un soldato morente sorretto da un commilitone. Era altresì previsto sul lato sinistro un bassorilievo raffigurante l'affondamento della corazzata austriaca S. Stefano ad opera di Luigi Rizzo.

Il Lo Schiavo realizzò un terzo bozzetto non presentato raffigurante l'allegoria dell'Italia che poggia grata le mani sulla testa di un soldato morente ai suoi piedi.

Una personalità artistica più importante va riconosciuta a Menotti Bruno grazie agli studi iniziati a Milazzo ma completati a Roma presso l'istituto di Belle Arti e alla carriera di insegnante di disegno nelle scuole pubbliche. Il bozzetto per il concorso è attestato da una descrizione d'epoca: sul basamento si innalzava la statua allegorica dell'Italia col volto proteso verso la battaglia che ferveva lontana, la bocca aperta in un grido di guerra, mentre reggeva con un braccio un ferito abbandonato sulla sua spalla e con l'altro incitava un altro soldato al combattimento. L'opera doveva essere basata su forti contrasti psicologici tra spasimo, ansia e aspettativa della vittoria. Stando alla descrizione il bozzetto di Menotti Bruno doveva presentare una cifra stilistica più forte rispetto ai bozzetti di sapore scolastico del Lo Schiavo ma tutti risentivano di scoperte influenze della scultura cimiteriale nella rappresentazione di soldati morenti e ricorrevano ad attardate allegorie dell'Italia. La commissione nel suo giudizio finale rilevò espressamente il proprio sfavore per i bozzetti influenzati da temi funerari, impropri per la rappresentazione del soldato italiano vittorioso.

Nessuna testimonianza aiuta a ricostruire i bozzetti degli altri scultori identificati, il palermitano Domenico De Lisi e il toscano Concesso Barca già autore nel 1918 della targa in bronzo in onore di Luigi Rizzo, risolta secondo gradevoli ma superficiali stilemi liberty. La stampa locale dell'epoca raccolse malumori nei confronti del progetto vincitore: si contestò l'intervento della commissione che aveva migliorato il bozzetto del Geraci prescrivendo un alto basamento ma era ovvio che questa correzione ( come la sostituzione della pietra lavica con la pietra bianca di Comiso in corso d'opera ) giungeva a conclusione di un iter motivazionale che aveva già riconosciuto la superiorità del bozzetto Geraci.

Il confronto coi pochi elaborati noti, gravemente inficiati da pose fortemente retoriche e da influenze della statuaria corrente a destinazione funeraria, non lascia dubbi sulla superiorità del Geraci anche se sarebbe utile conoscere tutti i bozzetti scartati per una completa ricostruzione dell'operato della commissione. Certamente non poteva sfuggire la circostanza che il Basile e il Rutelli si conoscessero bene e fossero esponenti dell'ambiente artistico palermitano, ricco di realizzazioni tra fine Ottocento e primo Novecento, di cui era espressione il giovane Nino Geraci. Più specificamente il vincitore era figlio di Gaetano Geraci, scultore e decoratore tra i più stretti collaboratori di Ernesto Basile, e discepolo di Mario Rutelli. Tuttavia i rapporti personali e di lavoro non possono mettere in dubbio, pur in assenza di completi confronti con gli altri partecipanti alla gara, il giudizio positivo sull'opera di Nino Geraci.

Chi era Nino Geraci, il vincitore del concorso

Lo scultore, come già detto figlio d'arte, era stato allievo del Rutelli e di Antonio Ugo e aveva completato la sua formazione a Roma. Nel 1925 si trasferiva negli U.S.A. dove lavorava fino al 1931: rientrato in Italia si spostava in Germania dove operava negli anni 1939/42. Tornato in Italia proseguiva una lunga e intensissima carriera di scultore e restauratore durata fino agli anni Settanta.

Il Geraci fu particolarmente versato nella realizzazione di figure atletiche, essendo egli stesso un appassionato sportivo, che rappresentava con perfetta padronanza riprendendo modernamente la lezione della scultura classica per rendere alla perfezione proporzioni, anatomia e muscolatura. Scolpì abilmente anche soggetti diversi, fu abile ritrattista e realizzò fontane monumentali a Caltagirone, Gela e Mondello.

Restaurò negli anni Settanta le antiche fontane palermitane del Garraffo e del Cavalluccio Marino e si dedicò anche a soggetti sacri. II monumento milazzese, realizzato evidentemente subito prima della partenza per l'America ( il contratto è dell'ottobre 1924) e affidato di certo nella fase finale al padre Gaetano nella cui bottega il giovane lavorava, costituisce una bella prova della sua attività giovanile connotata da colti riferimenti classici sia nella statua del Milite che nelle vittorie alate e negli elementi decorativi in bronzo mentre l'impianto architettonico richiama con evidenza lo stile maturo di Ernesto Basile, ispirato alla rivisitazione di modelli classici nel superamento del Modernismo: l'uso del calcare bianco di Comiso in sostituzione della nera pietra lavica e la campitura in rosso della dedica hanno garantito la policromia del monumento, dando rilievo a sculture e decorazioni in bronzo. L'esame dell'opera conferma il rispetto del contratto di appalto.

Il Monumento di Piazza Roma, com'e' costruito?

Sopra la base con scalinata si innalza un alto zoccolo con la parte centrale leggermente avanzata che fa da basamento alla statua del Milite e reca la breve iscrizione ormai priva di colore:

Al MILAZZESI // MORTI PER LA PATRIA;

 ai lati dell'epigrafe sono le due grandi palme con corona ed elmetto mentre due piedistalli appositi reggono le are fiammeggianti ornate ciascuna da quattro raffinati leoni alati.

Sul lato sinistro del basamento si legge:

 NINO GERACI SCULT.re // PALERMO -1926.

La coppia di colonne ioniche, ciascuna con sei rostri in bronzo a forma di prua di nave ornati da chimere spade e inconsuete protomi animali, si eleva sull'alto zoccolo dando slancio a tutto l'insieme ed è sovrastata dalle vittorie alate ad ali spiegate, vestite da lunghe tuniche aderenti, che sollevano corone di alloro. Al centro la statua in bronco del Milite si leva in posa eroica: perfetto ed equilibrato esempio di nudo atletico, il Milite porta al braccio sinistro un piccolo scudo con rilievo della Medusa e regge un ramoscello di quercia mentre leva in alto col destro un corto gladio. Nulla poteva essere più lontano dalla cruda realtà della guerra di questa realizzazione neogreca, dalla composizine generale perfettamente elegante e ben curata negli inserti scultorei: scartati i gruppi allegorici più o meno macchinosi e retorici della produzione corrente e abbandonata persino la divisa che avrebbe ancorato la rappresentazione al triste recente passato, il Geraci riesce a glorificare le virtù militari del soldato italiano mettendo da parte le miserie materiali e il bestiale contenuto concreto della guerra e sublimando la realtà in una raffinata e atemporale, certamente consolatoria prima ancora che trionfalistica, idealizzazione classica. Naturalmente questa impostazione non poteva che incontrare il favore della commissione esaminatrice e del pubblico più colto cui consentiva di dimenticare gli orrori della guerra.

Quale che sia il giudizio sul significato politico dell'opera nel sofferto contesto in cui è maturata non può che convenirsi sulla sua perfetta riuscita: peraltro il monumento, configurandosi come un grandioso e riccamente decorato altare ellenistico sotto l'influenza del Vittoriano di Roma, riempie con la sua mole il vasto e disadorno rettangolo di piazza Roma, all'epoca come oggi circondato da edificazioni poco rappresentative, trasformadolo in importante scenario urbano. Rispetto al contratto di appalto va segnalata la presenza, ai piedi del Milite, di una grande corona in bronzo di foglie di quercia e alloro con fascio e iscrizione dedicatoria:

AI FRATELLI MILAZZESI// IMMOLATISI PER LA GRANDEZZA DELLA PATRIA// LA SOCIETà' INDIPENDENTE MILAZZO // DI BROOKLYN // 1926.

Fin dal 1921 la Società Indipendente Milazzo aveva espresso l'intenzione di donare al monumento una corona in bronzo:l'idea trovò attuazione durante la fase esecutiva dell'opera con commissione del 30 luglio 1926 al padre dello scultore, Gaetano Geraci, per un compenso di diecimila lire. La corona è stata fusa dalla Fonderia Artistica Laganà di Napoli. Come si evince dall'iscrizione ,che fu notevolmente accorciata rispetto al testo originale per problemi di costi, la scultura è una rara testimonianza dell'emigrazione milazzese negli U.S.A. La corona è altresì una valida testimonianza dell'attività di Gaetano Geraci, scultore e decoratore allievo di Domenico Trentacoste, celebrato autore delle decorazioni plastiche del Teatro Massimo di Palermo e del palazzo di Montecitorio a Roma e particolarmente famoso per le decorazioni architettoniche liberty per cui prestò la sua opera in molti cantieri di Ernesto Basile: l'opera, risalente alla fine della sua lunga attività, propone un ritorno al repertorio decorativo classico perfettamente coerente col momento storico e con l'ispirazione del monumento milazzese.

Gaetano Geraci è definito nella documentazione d'epoca del Comune come specialista in materia di corone e autore della corona per il monumento funerario del re Umberto 1. Completava l'opera di Nino Geraci un grandioso recinto in ferro, visibile nelle prime cartoline ma distrutto già prima della seconda guerra mondiale, che la separava dalla piazza accentuandone la grandiosità: il manufatto era stato disegnato da Stefano Mirenda, professore milazzese di disegno e discepolo di Ernesto Basile più volte citato nella documentazione d'epoca, come dimostra un disegno autografo in possesso dei discendenti, e prevedeva imponenti pilastri angolari in pietra ornati da fasci e corone in metallo che reggevano la sobria ringhiera, aperta al centro da un cancello con un grande fregio a volute decorato da una corona e da un fascio littorio tra montanti con grandi foglie di palma.

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