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Le necropoli di Mylai, storia di Milazzo

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di Claudio Italiano

Iniziamo questa pagina con un video che abbiamo girato al Museo sito ai " Quartieri Spagnoli", cioè alla Salita del Quartiere, quindi in via Impallomeni, per intenderci nei pressi del Bar Nadir, dove esiste un Museo, l'Antiquarium dedicato al grande ing. Domenico Ryolo.

Milazzo ha un debito insanabile nei confronti della figura del grande ing. Domenico Ryolo che ha elevato l'immagine storica della Città, associandola a quella di Lipari (Eolie), per la ricchezza dei reperti archeologici e la sapiente opera di catalogazione.

Milazzo, così, ha riscoperto le proprie origine, che fanno di questo luogo una Città ricca di storia, degna di essere visitata, sito dell'UNESCO, diremmo, patrimonio dell'umanità

Il video, per somme linee, illustra alcuni oggetti che è possibile godere nel museo, fra cui i resti del villaggio preistorico sito in zona sotto Castello, nei pressi dell'attuale cimitero monumentale, fra cui alcune suppellettili, delle olle per la raccolta dell'acqua ed utensili di ossidiana.

Il video illustra anche delle tombe relative a dei bambini, ma sono tombe più recenti, dove esiste una barchetta di terracotta con dei pescatori, un'oca, un fischietto e quant'altro, evidentemente dei giocattoli che venivano poste nelle tombe dei bambini.

Ricordiamoci, come dice il grande prof.Bartolo Cannistrà, che una società che si rispetti, si scopre nel rispetto che ha per i morti e nella cultura cimiteriale della sepoltura ! Buona visione e buona lettura.

Necropoli di Milazzo ed Antiquarium

Necropoli di Mylai

La ricerca archeologica a Milazzo risale al dopoguerra ed è legata ai nomi di Domenico Ryolo, di L. Bernabò Brea e di M. Cavalier.

Essa si avvale della scoperta dei reperti ritrovati nelle necropoli che si svilupparono in modo estensivo nell'Istmo e nelle aree della Piana.

La più antica risale alla tarda età del Bronzo (XII-X sec. a.C.), un vero e proprio campo di urne cinerarie che Bernabò Brea attribuì ad un nucleo etnico proveniente dalla penisola italiana, gli Ausoni, che colonizzarono anche le Isole Eolie.

In contrada sottocastello venne esplorato un lembo di una necropoli risalente alla media Età del Bronzo con tombe ad enchytrismos (cadavere rannicchiato entro grande vaso) sotto grandi tumuli di pietre. Topograficamente distinguiamo due grandi aree destinate al seppellimento, esterne alla città:

Necropoli meridionale, a Sud ed a Sud-Est:  (fine VIII - prima metà del III sec. a.C.

Necropoli Orientale (III - I sec. a.C.).

La necropoli più antica, Necropoli Meridionale, si definisce "urbana" della Mylai greca, si estende in modo non uniforme per tutto l'istmo fino all'innesto con la Piana (contrada S. Giovanni. I settori più esplorati sono l'attuale Piazza Roma, XX settembre a Nord, ed a Sud S. Giovanni, dove i singoli seppellimenti sono stati ritrovati a testimonianza di quest'area usata come zona ad uso funerario, vicino ad un abitato antico. Più tardi verso il VI sec. a.C. le sepolture si espandono verso S. Giovanni (asse viario, Via Gitto Pietro e Via Maio Mariano) probabilmente con la nascita di piccoli nuclei insediativi, così come le strutture murarie in S. Papino, ai piedi della Rocca, e gli scarichi di abitato affiorati nella Via XX Settembre (fine VI sec- inizi V sec. a.C.).

Le tombe più antiche documentano il rito dell'incinerazione secondaria; le ceneri erano raccolte entro contenitori fittili, piccoli pithoi,  situle e soprattutto anfore da trasporto, hydriai, pentole ed olle o in materiale deperibile come si è ipotizzato per le numerose tombe definite "senza cinerio" ma ben indicate da pietre in allineamento ed agli oggetti di corredo.

A partire dal VI sec. a.C. alle inumazioni in fossa, dove il defunto veniva coperto con frammenti di grandi contenitori, si passò alla tipologia "alla cappuccina".

Il sarcofago costruito con più filari di mattoni crudi sovrapposti è comune a partire dal VI sec a.C., con varianti che riguardavano l'altezza della cassa ed il tipo di copertura operato. In seguito alla prima Età Ellenistica si assiste a modifica del rituale funerario.

L'incinerazione, soprattutto primaria, ossia con bruciatura del cadavere dentro la fossa, è ora molto comune.

 Per quanto concerne le tipologie tombali compaiono in questo periodo le "sepolture a cassa" realizzate con una muratura povera che ricorre a pietre non sbozzate o anche a frammenti di laterizi sovrapposti a secco o allettati con poco calce.

Dalla fine del V secolo e poi nel corso del IV sec. a.C. era usanza porre in bocca ai defunti un piccolo nominale in bronzo, quale pegno pagato a Caronte, il "nocchier della livida palude, dagli occhi di brage".

Si tratta di piccole frazioni di moneta di basso valore ma che consentono di datare con estrema precisione le tombe, stabilendo un terminus post quem.

Le tombe del periodo più antico sono espressione di una società con caratteri greci, all'interno dei quali l'elemento indigeno è pressocchè sconosciuto. L'adozione della incinerazione è prettamente un'usanza greca, a testimonianza di matrimoni misti. Dal VI sec. a.C al III secolo i corredi delle tombe sono molto scarni a testimonianza del fatto che le condizioni di vita non dovevano essere fiorenti, cosi come avveniva in altre colonie.

La Necropoli più recente, la Necropoli Orientale, si sviluppò lungo le contrade della Piana a Sud-Sud/Est dell'Istmo. Essa fu in uso per tutta l'Età Ellenistica, fino agli inizi dell'Età Imperiale. Il settore più esplorato ricade nelle contrade di San Paolino-Ciantro.

La distribuzione topografica delle sepolture, indica un fitto  affollamento di esse nei pressi della Stazione Ferroviaria ed un progressivo diradamento delle stesse nei lembi rintracciati più ad Est. L'ipotesi più accettata è che la Necropoli urbana possa aver avuto un limite ben preciso, tra la contrada S.Giovanni e la vecchia Stazione Ferroviaria (contrada Albero, Leonti, San Paolino, Contura).

Le sepolture sono poveramente indicate da singole pietre confitte nel terreno in corrispondenza del sepolcro. Rimane la tomba n° 8 di Via Ciantro che documenta l'esistenza di epitymbia anche a Milazzo, monumento costruito in muratura, a pianta quadrata, gradonata che sigilla la tomba "a fossa terragna" con pareti intonacate.

Vari sono le tipologie ed i riti di sepoltura; prevale l'inumazione e le deposizioni, sempre singole, sono contenute in semplici fosse terragne, o in cappuccine di tegole piane, o all'interno di grandi casse costruite con una muratura mista di pietre e laterizi o con mattoni di terracotta posti su filari a secco.

Sembra esclusiva di Milazzo la tomba costruita con formelle di mattoni crudi che si caratterizza per la copertura realizzata con laterizi posti a coronamento della cassa in modo da reggere la copertura - a doppio spiovente - retta da un caratteristico elemento a chiave o piana e per l'accurata rifinitura delle parete interne con uno strato di intonaco bianco. Nel corso del II secolo a.C. e tra il I secolo a.C. ed il I secolo d.C., è documentato il rito dell'incinerazioni, sia nella forma primaria (bustum) con cremazione diretta del cadavere all'interno di un unico rogo e conservazione in situ dei resti e quella secondaria (ustrinum) con la bruciatura del defunto su di un ustrinum comune eretto in un'area della metropoli e raccolta delle ceneri all'interno di una cassa o di un contenitore fittile.

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