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Mylai antica, la preistoria di Milazzo

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ll famoso Antiquarium della città, dedicato al grande ing. Domenico Ryolo

Esiste un Museo Archeologico della storia milazzese, fruibile salendo per la via Impallomeni che porta al Quartiere ed al Castello. Il museo di Ryolo è nei pressi del bar Nadir per capirci, cioè prima del Santuario di S. Francesco, nella caserma degli spagnoli, sempre a destra, dal lato del Santuario, appena superato questo bar.

A Milazzo nell'era preistorica, esistevano degli insediamenti umani, di gente che si dedicava alla pastorizia ed all'agricolatura, ma che già viveva in capanne evolute, con focolare, zona letto, che usava suppellettili, coppe, olle e l'ossidiana, come tagliente. Qui puoi avere un'idea, ma poi ti invitiamo a visitare i reperti che sono siti al Museo Archeologico.

  Il video  pubblicato all'indirizzo: https://youtu.be/477L7T9Lbrw lo puoi godere già da subito cliccando il triangolo start e fai con noi un tour nel Museo.

Ma veniamo alla preistoria di Milazzo

La penisola di Milazzo di forma stretta ed allungata, protesa da Sud verso Nord, quale ponte naturale verso le Isole Eolie, è distinta dalle colline che delimitano i Monti Peloritani da una pianura larga circa 6 km, formatasi durante gli ultimi diecimila anni (Olocene), con i detriti provenienti dall'erosione dei rilievi montani, trascinati a valle dal torrente Mela e dal Floripotema.

Essa risulta delimitata lungo i lati est, nord e ovest, da ripide e alte falesie e si configura, nella porzione sommitale, come un ampio terrazzo dal quale si elevano alcuni rilievi, i maggiori dei quali corrispondono al Monte Trinità (134 m s.l.m.) e all'altura occupata dal Castello.

Il promontorio roccioso è saldato alla piana alluvionale da un Istmo piuttosto stretto e poco elevato rispetto al livello del mare (m 9 circa). Oggetto di numerose ricerche di carattere geologico e paleontologico che hanno riguardato il substrato prequaternario, è nota nella letteratura specialistica per i depositi litoranei quaternari denominati piano Milazziano, estesi sul terrazzo.

Gli studi condotti sui depositi geologici di Capo Milazzo hanno evidenziato la seguente successione, a partire dall'unità alta (= più recente):

f) tufo cinerico bruno, proveniente da uno o più episodi esplosivi delle isole Eolie

e) sabbie e conglomerati terrazzati del Pleistocene superiore, contenenti molluschi di ambiente litorale, distribuiti in lembi discontinui sulla piattaforma di abrasione su cui culmina la penisola, tra le quote di 50 e di 85 metri slm.

d) marne e argille marnose di ambiente marino profondo del Pleistocene inferiore

c) marne bianche e gialle o calcari marnosi del Pliocene

b) depositi terrigeni grossolani e calcari di età Tortoniana Superiore Messiniano

a) substrato metamorfico profondo eroso e comprendente ampie depressioni colmate da sedimenti cenozoici e del Pleistocene inferiore. In questa successione di litotipi è sintetizzata tutta la storia geologica dei Monti Peloritani.

Gli studi condotti sui molluschi di ambiente litorale restituiti dalle sabbie e dai conglomerati del Pleistocene Superiore, hanno fornito dati cronologici che, ad esempio, confermano l'appartenenza dei depositi del terrazzo di m 6085 al ciclo sedimentario noto come Tirreniano (125.000 anni), caratterizzato da faune di molluschi di ambiente tropicale, tra cui il più noto è il gasteropode Strombus bubonius.

Questi depositi litoranei si sono sollevati fino a m 85 in circa 125.000 anni.

Studi condotti sui depositi fossili presenti in varie località poste alla base delle falesie che delimitano la penisola (la Croce di Mare, Punta Rugno, Brognolari, Punta Mazza, Cala S. Antonio), indicano un sollevamento della linea di costa di m 10,07 in circa 6000 anni. Queste ultime evidenze provano che la penisola si è sollevata ancora di recente (Olocene) e che probabilmente è tuttora in fase di sollevamento.



Le nostre conoscenze sulla ubicazione delle aree di abitato pre e protostorico all'interno della maglia urbana si sono notevolmente ampliate grazie alle ricerche sistematiche condotte negli ultimi venti anni nel Borgo, nell'Istmo e nella Piana. A queste ricerche sono dedicate le prime due sale del Museo e le relative vetrine.

Le tracce più antiche sono state individuate in pianura, in c.da Ciantro, zona di recente urbanizzazione.

Numerose stazioni documentano lo sfruttamento della pianura prossima al mare, probabilmente in antico ricca di corsi d'acqua e di acquitrini formati dalla foce del fiume Mela.

I villaggi rintracciati  tutti esplorati parzialmente  hanno fornito evidenza di più momenti di frequentazione, attribuibili a fasi culturali distinte, databili dall'Eneolitico finale (Cooperativa Nuova Milazzo Uno), all'antica (Cooperativa Nuova Milazzo Uno, Scuole Elementari) e media età del Bronzo (Scuole Elementari).

All'interno dei villaggi, soltanto nel caso della Cooperativa Nuova Milazzo Uno, sono state rintracciate capanne a pianta subcircolare, parzialmente interrate, con elevati costruiti in materiale deperibile (rami e frasche), sorta di piccoli rifugi, svolgendosi ogni attività presumibilmente all'aperto, come documenta la quantità di frammenti ceramici e di resti di fauna rinvenuti nel paleosuolo esterno.

Il vasellame ad impasto comprende forme aperte e chiuse di varie dimensioni, tra le quali alcune importanti per l'inquadramento cronologico, quali rattingitoio monoansato a fondo convesso e le tazze decorate con nervature su piede più o meno alto, in qualche esempio con caratteristici fori (vetrina I ).

La presenza di strumenti in pietra, sia su selce (raschiatoi su lama, lame a dorso, punteruoli) che su ossidiana delle Isole Eolie, indica una delle attività che si svolgeva all'aperto all' interno del villaggio.

L' analisi delle ceramiche e i confronti istituibili con altri contesti noti, consentono di attribuire la stazione preistorica al periodo tra l'Eneolitico finale (Malpasso-Chiusazza fine III millennio), e la prima età del Bronzo.

Ad un orizzonte del Bronzo antico rimandano i reperti provenienti dal cantiere delle Scuole Elementari, due olle a corpo globulare associate a tazze su piede e in un caso anche ad un piccolo attingitoio (vetrina 1, in basso)  oggetti per i quali si è avanzata l'ipotesi di una possibile pertinenza a due sepolture.

Nella sala 2 ampio spazio hanno i materiali provenienti, oltre che da Ciantro (Scuole Elementari), anche dalle ricerche condotte nell'Istmo, sempre in contesti di abitato.

Tracce di piccole strutture funzionali (focolare, lastricato in ciottoli) di cui forse una destinata alla lavorazione del bronzo, costituiscono quanto è stato esplorato di un'area insediativa riportata alla luce nell'area delle Scuole Elementari.

L'analisi tipologica dei reperti attribuibili alla fase principale di occupazione consente di collocare l'insediamento in un momento maturo della cultura di Thapsos Milazzese. Nella vetrina 3 si osservino le caratteristiche coppe su piede decorate a nervature incise, le teglie, gli attingitoi, un corno fittile.

Sono state rintracciate sette "strutture" del tutto peculiari: si tratta di olle d'impasto rinvenute sigillate superiormente da piccoli acciottolati, o da grandi pietre, impilate e incastrate le une sulle altre a due o a tre, private del fondo, collocate all'interno di buche approfondite nello strato di ghiaia sterile fino a raggiungere la falda acquifera, forse pozzetti per la raccolta dell'acqua dolce. Le olle sono esposte cosi come sono state rinvenute.

Nella zona dell'Istmo, in Via XX Settembre, uno scavo d'urgenza (ottobre 2005) ha offerto evidenza dell'esistenza di una stazione preistorica della quale è stata esplorata una capanna a pianta subcircolare (diam. m 2 circa), costruita con ciottoli di grandi dimensioni e pietrame a spigoli vivi, ben confrontabile con le capanne del villaggio di Portella, nell'isola di Salina. I reperti rinvenuti, inquadrabili all'interno del Bronzo medio (cultura di Thapsos, XVXIII sec, a.C.) includono vasi da cucina (teglie del tipo con paramano), contenitori da stoccaggio (olle con anse orizzontali), e vasi da mensa tra i quali predomina la coppa su piede con vasca decorata da cordoni lisci di' sposti a volute. Si segnala un frammento di ciotola appenninica (vetrina 3).

Sono state rintracciate sette "strutture" del tutto peculiari: si tratta di olle d'impasto rinvenute sigillate superiormente da piccoli acciottolati, o da grandi pietre, impilate e incastrate le une sulle altre a due o a tre, private del fondo, collocate all'interno di buche approfondite nello strato di ghiaia sterile fino a raggiungere la falda acquifera, forse pozzetti per la raccolta dell'acqua dolce.  Le olle sono esposte cosi come sono state rinvenute.

Il settore abitato protostorico

Sulla penisola di Milazzo la scoperta di maggiore rilievo è senza dubbio il settore di abitato protostorico riportato alla luce in corrispondenza del Viale dei Cipressi (Sala 3, vetrine 4,5). Le indagini, condotte tra il 1995 e il 2005, hanno consentito di isolare i principali momenti di utilizzo dell'area, databili lungo l'età del Bronzo, e di esplorare alcune delle strutture abitative più antiche (facies di Capo Graziano),

All'età del Bronzo recente e finale (Ausonio 141) sono da riferire i resti di due strutture riportate in luce in due distinti punti dell'area esplorata.

Il villaggio, segno tangibile della prima attività umana svoltasi nella Mylai antica e attivo per un arco cronologico assai vasto, tra il XVIII - XVI a.C. (Bronzo Antico) e il XII - X sec. a.C. (Bronzo Recente/Finale), mostra, grazie alle evidenze strutturali e materiali lì ritrovate, l'esistenza di due diverse "culture materiali".

La prima, di stampo prettamente eoliano, è quella di "Capo Graziano", la seconda è quella dell' "Ausonio I e II", riconducibile alla discesa degli Ausoni, dall'Italia Meridionale in Sicilia, nel corso del Bronzo Recente e Finale.

Il sito venne individuato nel 1992 presso il terrazzo delle pendici orientali dell'altura collinare su cui sorge il Castello, in seguito all'avvio di lavori edilizi che avrebbero dovuto portare alla realizzazione di un parcheggio pubblico.

La decisione di interrompere i lavori e la successiva segnalazione inviata presso gli uffici della Soprintendenza di Messina consentirono l'intervento di una equipe archeologica posta sotto la direzione della Prof.ssa G. Tigano e della Dott.ssa A. Ollà, che effettuarono una prima serie di sondaggi funzionali alla comprensione dell'effettivo "rischio archeologico" presagito nell'area. Dopo le prime analisi stratigrafiche si rese palese la natura del sito che, tuttavia, verrà indagato in maniera più approfondita solo con le campagne di scavo del 1995 e del 1996; queste, finanziate dall'ente regionale, videro la compartecipazione dell'Università La Sapienza di Roma.

Le indagini consentirono l'identificazione ed, in parte, l'esplorazione di molti livelli di stratificazione che si estendono per circa 400 mq: questi mostrarono come le strutture più recenti (di epoca medievale) si sovrapponessero direttamente alle strutture più antiche (del Bronzo Antico, Medio e Recente), senza intaccare fasi abitative intermedie di epoca greca o romana, purtroppo assenti.

Le cinque Capanne

Le evidenze comprendono i resti di cinque capanne. La più antica è la 1, di 11,4 x 4,5 m, parzialmente incassata nel pendio e realizzata in modo semplice utilizzando materiale povero (pietra locale allettata in modo da realizzare dei muretti a secco); secondo alcune ricostruzione doveva essere dotata di una copertura a doppio spiovente. L'interno presenta solo due ambienti, separati da un tramezzo interno.

L'ambiente più piccolo, con lato NW semicircolare, probabilmente, era adibito a zona di riposo e dispensa; quello di maggiori dimensioni, invece, era una funzionale area di immagazzinamento, consumo e cottura.

Le altre capanne, più recenti, squadrate e di funzione prettamente abitativa e/o sussidiaria, mostrano dimensioni inferiori ed hanno restituito minori quantitativi di materiale.

Nel 2003 - 2004, sono stati effettuati, inoltre, sondaggi, lavori di restauro e ripristino di alcuni dei muri delle capanne.

Si ricorda, tra l'altro, come alcuni dei numerosi materiali ritrovati nelle capanne del sito sono visibili presso la Sala 3, Vetrine 3 e 4, dell'Antiquarium della città.

Il sito archeologico demaniale è raggiungibile seguendo la segnaletica stradale per il Castello, proseguendo lungo la via del Capo e quindi deviando a destra in corrispondenza del Viale dei Cipressi che conduce al Cimitero Monumentale.

Dove si trovavano?

L'area esplorata (1995-1996; 2003-2005) corrisponde a una piccola porzione del terrazzo coltivato a uliveto.

L'ingresso principale prospetta direttamente sullo slargo antistante il cimitero, dove si consiglia di parcheggiare la macchina. Un percorso pedonale interno conduce ad un primo punto di sosta attrezzato con due pannelli didattici, che forniscono le coordinate generali sulle presenze di epoca preistorica e protostorica individuate nell'area urbana di Milazzo, sullo scavo condotto nel sito e sulle fasi attestate.
Proseguendo si raggiunge il settore esplorato, protetto da una copertura in legno lamellare e policarbonato funzionale alla conservazione delle murature, dei piani d'uso e delle piccole sub-strutture (focolari) riportate in luce.

Sotto la copertura, in corrispondenza del secondo punto di sosta, altri due pannelli didattici illustrano nel dettaglio i resti visibili risalenti all'età del bronzo antico (facies Capo Graziano, XVIII secolo a.C.). Si tratta di cinque capanne, tutte diverse per planimetria, dimensioni, stato di conservazione, delle quali solo tre (capanne 1-3), compiutamente esplorate, sono fruibili.
Tra esse spicca la capanna 1, quella più a monte, parzialmente incassata nel pendio, con muro in pietra ben costruito, provvista sul lato a valle di un ampio ingresso con imponente gradinata.

L'edificio, a pianta ovale allungata, coperto in origine da un tetto in materiale deperibile a due falde nella parte centrale e con tratto curvo al di sopra delle absidi, si articola in due ambienti grazie a un muro tramezzo che isola l'abside dal vano principale, particolarmente ampio, con grande focolare di forma lobata. All'interno di questo ambiente lo scavo ha consentito di recuperare una parte del vasellame che faceva parte del corredo domestico (n. 101 reperti). Dentro l'ambiente principale sul piano d'uso sono stati trovati 101 reperti che includevano vasi a forma aperta e chiusa di varie dimensioni che hanno fatto ipotizzare l'esistenza di aree funzionali diversificatre, quella destinata a magazzino (dolia di vario formato), quella rituale con vasetti miniaturististici (tazzette attingitoio, boccali carenati, quella connessa con usi domestici. In particolare si segnalano ciotole con ponticello interno a 4 braccia, forma peculiare dello stile di Capo Graziano (vedi la vetrina 4).  Si segnala l'anfora castellucciana dipinta con motivi geometrici organizzati a registri verticali separati da linee a zig , zag, triangoli inscritti, triangoli contrapposti campiti a reticolo. La vetrina 5 contiene il vasellame della capanna 3. All'interno della capanna un grande focolare di forma ovale, impostato direttamente sul terreno naturale, fu verosimilmente usato in tutte le fasi della vita della struttua. Esistevano inoltre dei pali conficcati nel terreno, il che fa suppore la sopraelevazione della capanna.

L'edificio per dimensioni e caratteristiche costruttive trova un unico parallelo nella grande capanna delta IV dell'Acropoli di Lipari.
Poco più a valle sono individuabili i resti della capanna 2, a pianta ovale irregolare, in cattivo stato di conservazione.
La capanna 3, a pianta ovale irregolare, con un lato quasi rettilineo, in buono stato di conservazione, risulta delimitata da un muro ben costruito con pietre medio - grandi nelle cortine esterne e piccole nel riempimento interno e comunicava con l'esterno grazie a un ingresso individuato lungo il lato ovest. Internamente la piccola abitazione era dotata di un grande focolare di forma ovale in concotto utilizzato in tutte le fasi di vita della struttura.

In generale, considerata anche la peculiare dislocazione dell'area di scavo, è stato ipotizzato che le capanne riportate in luce costituiscano l'ultima propaggine di un più vasto villaggio, la cui maggiore estensione va ricercata nei terrazzi del pendio orientale sovrastati dal Castello digradanti verso il mare. Si tratta, almeno a giudicare dalle strutture esplorate, di un tessuto abitativo piuttosto fitto.
Sotto il profilo della cultura materiale lo studio condotto sui reperti rinvenuti all'interno delle capanne consente di inquadrare tutto il contesto all'interno del Bronzo Antico siciliano e della facies di Capo Graziano delle Isole Eolie, il che fa ipotizzare un rapporto assai stretto tra il villaggio di Viale dei Cipressi e i siti eoliani.


La visita si conclude scendendo al livello della capanna 3 e quindi uscendo dal cancelletto pedonale di servizio.

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