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Fine di un Regno, Nascita di una Nazione

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Tratto dal libro di Girolamo Fuduli, edizioni GBM, Via Catania, 62 Messina

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E' estremamente arduo, in mancanza di testimonianze documentali - evidenziare con riferimenti concreti il grado di tensione politica esistente a Milazzo nel periodo compreso tra l'insurrezione della Gancia e l'arrivo della colonna Medici a Barcellona; è possibile soltanto raccogliere sporadiche notizie dalle scarne cronache dei giornali dell'epoca e anche dai rapporti consolari. La rivolta di Palermo del 4 aprile provocò profondo smarrimento nelle autorità borboniche, i cui interventi repressivi, anziché sedare gli animi e stemperare il clima di tensione, diedero luogo a nuove e incontrollabili manifestazioni di ostilità contro l'autorità costituita. Nelle province orientali dell'isola, benché sottoposte al rigido controllo dei presidi militari, dimostrazioni antiborboniche erano all'ordine del giorno: nel nostro territorio la presenza di una guarnigione militare non scoraggiò atteggiamenti di insofferenza verso il governo napoletano.

Infatti il 9 aprile 1860 l'Intendente di Messina Filadelfo Artale così scriveva al ministro di Stato per gli Affari di Sicilia: mi perviene un corriere da Barcellona, col quale l'autorità locale mi rapporta una dimostrazione senza armi e con fazzoletti tricolori ivi avvenuta colle grida di Viva Vittorio Emanuele I. Di tutt' altro tenore erano le relazioni che Antonino Cortada, Segretario Generale con funzione d'Intendente, inviava da Messina a Napoli, in cui riferiva che i disordini erano da imputarsi a pochi scalmanati, mentre i buoni cittadini di Barcellona e di Milazzo han dato prova del loro attaccamento alla causa onesta dell'ordine, stringendosi alle autorità locali, appena han visto minacciata la tranquillità da esterni perturbatori.

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Abbastanza interessante ci sembra un altro rapporto che lo stesso Intendente redigeva il 16 aprile e nel quale riferiva che in Barcellona al dì 9 quella strada principale del corso fu piena in gran parte di basso popolo, che con fazzoletti e coccarda tricolore gridava Viva l'Italia, ma i buoni e gli agiati amanti dell'ordine, compreso il pericolo in cui sarebbe quel paese caduto, con prudenza ed accorgimento suggerì la parola dell'ordine e della pubblica sicurezza: grido che valse potentemente a comprimere il precedente, ed a sbandare l'accozzaglia della moltitudine sediziosa. Poi aggiungeva che in quei paesi in cui vi fu assembramento di sediziosi, esso non venne sciolto che dalla forza degli stessi cittadini, i quali si strinsero all'autorità, ed anco si armarono coadiuvandole con una soddisfacente intelligenza pell'ordine che mantennero fermo.

E infine chiudeva la relazione con un esplicito riferimento alla situazione di Milazzo dove diffusasi la notizia che un pugno di malfattori si avvicinava a quella contrada, i cittadini si legarono alla truppa e alla polizia per agire di concerto e rendere vano ogni estremo tentativo di disordine3. Ma è anche vero che - come apprendiamo da un dispaccio consolare4 - una colonna mobile di soldati napoletani venne inviata nella nostra città.  è evidente che il governo napoletano aveva tutto l'interesse a far credere alle grandi potenze europee che l'insurrezione nell'isola era completamente domata, tant'è che proprio in quei giorni a Palermo veniva revocato lo stato d'assedio. Ma in realtà la situazione era ben lontana dall'essere tenuta sotto il pieno controllo delle autorità regie, e la straordinaria marcia intrapresa nell'isola da Rosolino Pilo e da Giovanni Corrao ne costituì un chiaro esempio.

I due dioscuri dei Mille, sbarcati il 10 aprile a Castello delle Grotte presso Messina, iniziarono la loro intensa opera di propaganda diffondendo programmi rivoluzionari e annunciando l'arrivo di Garibaldi. Accolti con entusiasmo dalla popolazione, Pilo e Corrao ebbero l'ardire di arringare la folla dagli edifici pubblici, quasi mai avversati dalle autorità borboniche. Non possiamo quindi che condividere l'acuta considerazione di Gaetano Falzone5, secondo cui nell'aprile del 1860 lo stato borbonico era costretto a bivaccare in Sicilia ed esi-steva solo là dove arrivavano le sue colonne mobili.

Dello stesso avviso è Antonio Saladino6 il quale rileva che i rapporti del Castelcicala, quelli del Maniscalco e soprattutto le lettere confi-denziali di quest'ultimo danno la precisa sensazione dell'iso-lamento completo delle autorità borboniche. Del resto, ai rassi-curanti dispacci di Cortada, che erroneamente riteneva il moderatismo dei buoni cittadini professione di fede filoborbonica, non corrispondeva il tenore tutt'altro che conciliante di alcuni manifesti fatti affiggere in aprile dai comandi militari di Messina con cui si proclamava lo stato d'assedio, s'ingiungeva il generale disarmo della popolazione o addirittura si minacciava il bombardamento della città. In effetti dopo lo sbarco dei Mille furono i comitati liberal-moderati, costituitisi nell'isola un po' ovunque, che si adoperarono non solo a coordinare le rispettive azioni intese a favorire l'impresa garibaldina, ma anche a garantire l'ordine pubblico, cosa che la polizia borbonica non era più in grado di assicurare.

A metà maggio il quadro della situazione ci è dato da un dispaccio inviato giorno 16 dal console francese Hougues Bou-lard al collega Thouvenel. Les villes de Mistretta et de Milazzo dans le voisinage de Messina soni en insurrection - scriveva il diplomatico -. Trop faible aujourd'hui pour conteinir le pays, les troupes sorties dernièrement de Messine vont à ce qu'il parati y ren-trer. E giorno 19 ritornando ancora sull'argomento ribadiva che toutes les villes des environs de Messine soni en insurrection. Catane, Paterno, Mistretta, Misterbianco, Barcellona, Milazzo, etc. soni souleves. 

Risale al 28 maggio il primo documento8 che attesta una qualche iniziativa da parte del Comitato milazzese e che risulta firmato da Giovanni Filocamo e da Antonino Zirilli. Con esso i due patrioti stabilirono un primo contatto col Comitato Generale di Messina acciocché' tutte le operazioni tendano ad un fine. In un'altra lettera11 comunicavano invece di aver ricevuto il programma stilato a Messina, assicurando che si sarebbero prodigati per non far degenerare la rivoluzione e, infine, consigliavano l'abbattimento del telegrafo ad asta di colle S. Rizzo, per interrompere le comunicazioni tra Milazzo e la città dello Stretto. Nella missiva di risposta12 i patrioti messinesi scrivevano che avrebbero confidato sui buoni sentimenti di calma, tranquillità ed ordine, dei quali sono animati gli abitanti della città del Capo.

Le esaltanti vittorie di Garibaldi e l'arrivo delle sue truppe a Palermo accesero l'entusiasmo della gioventù mamertina la quale corse a ingrossare le file dei volontari, mentre il Comitato cittadino incaricava Stefano Cambria13 di consegnare al duce dei Mille un indirizzo di saluto. Giunto nel capoluogo siciliano l'undici giugno, Cambria scrisse una lettera alla madre, comunicandole queste sue impressioni: Al mio entrare in porto uscivano sette vapori regi rimorchiando altri legni e trasportando tutta la truppa napoletana che per la capitolazione ha lasciato Palazzo Reale e Castellammare e s'è imbarcata per Napoli, Gaeta e Messina.

Fra oggi e domani Castellammare sarà interamente sgombrata da tutte le armi e munizioni da guerra e dal resto della truppa regia. Palermo è un paradiso, regna l'ordine il più perfetto, e tutte le squadre stanno obbedienti ai loro capi, che tutti, compreso tutto il popolo, dipendono dai cenni del Dittatore. Tutta la città è saldamente barricata. In tutti i balconi sventola la bandiera italiana sulle armi di V.E., quadri del Re V.E. e di Garibaldi sono ovunque esposti. La città parata a festa, e la sera grande illuminazione a cera in tutte le officine ed a olio in tutti gli edifici. Da per tutto bande musicali. Grande allegrezza nel popolo. In tutte le porte è messa la seguente stampa: 'Vogliamo l'annessione al Regno Costituzionale di VE.'. Vi ha una flotta italiana di sei fregate a vapore, tre delle quali hanno sessanta cannoni per ognuna. Ieri stesso vidi Garibaldi. Si sta organizzando il nuovo governo. Si sta organizzando anche l'armata nazionale che dovrà essere di 40 mila uomini.

Tutto pare che proceda bene e promette procedere meglio. Intanto il Comitato insurrezionale messinese per istruire le nuove reclute siciliane, allestì un campo nella vicina Barcellona, cittadina poco distante da Milazzo, dove Domenico Martines, in qualità di Ispettore del personale di guerra, cominciò a formare un corpo di volontari chiamato Legione Garibaldi e successivamente venne costituito il primo battaglione Cacciatori dell'Etna. L'amministrazione della provincia fu invece affidata a Emanuele Pancaldo: un decreto dittatoriale del 14 giugno gli conferiva infatti la carica di Governatore del distretto.

Certamente in tali frangenti anche il Comitato milazzese cominciò a svolgere un'intensa attività organizzativa, sia pure con la prudenza imposta dalla vigilante guarnigione borbonica, la cui presenza tuttavia non scoraggiò manifestazioni di intolleranza. L'Annessione15 del 29 giugno, ad esempio, riferiva dell'arrivo nella rada di Milazzo di un piroscafo con a rimorchio due bastimenti a vela, uno dei quali sventolava il tricolore sul quale campeggiava il giglio di casa Borbone. L'aperto dissenso della popolazione a quella vista si manifestò con fischi, urli e gridi di scherno, ma le minacciate ritorsioni delle autorità napoletane non intimorirono minimamente i dimostranti. 

 La spedizione Medici sbarcata il 17 giugno a Castellammare giunta a Palermo, giorno 21 riprese1" la marcia lungo la costa settentrionale dell'isola. Il 28 agosto sostò a Bagheria e il 30 si accampò a Termini. Qui Medici ricevette il decreto di nomina a comandante dell'intera provincia peloritana che gli conferiva pieni poteri. Con una successiva comunicazione il Dittatore gli preannun-ciava l'arrivo del capitano Lavarello, col quale avrebbe dovuto compiere una ricognizione in prossimità di Messina: lo scopo era quello di individuare il punto più idoneo a riunire un sufficiente numero d'imbarcazioni per poter effettuare l'attraversamento dello Stretto.

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Ma il giorno successivo Garibaldi, preoccupato dal fatto che i regi avevano occupato l'importante posizione di Gesso , ravvisò la necessità che Medici raggiungesse al più presto il campo di Barcellona, lasciando che la colonna al comando di Malenchini, procedesse a piccole tappe. Il neo comandante della provincia vi giunse il 5 luglio accolto da una popolazione festante e palesemente ostile al regime borbonico. Dopo aver incontrato le autorità locali e i dirigenti dei vari Comitati insurrezionali cominciò l'esplorazione dei dintorni di Milazzo e, accompagnato dal governatore Perroni e dal comandante Ignazio Coppellino, si spinse dapprima fino al villaggio di S. Pietro e, suc-cessivamente, in prossimità di Gesso località da cui poteva osservare più da vicino i movimenti delle truppe nemiche.

Giorno 7 luglio ricevette, nel suo quartiere generale di Barcellona, una delegazione di patrioti milazzese guidati da Stefano Zirilli, venuta per porgergli il benvenuto. Accomiatandosi, i nostri concittadini offrirono al popolo barcellonese una bella bandiera accompagnando il gradito omaggio con un patriottico e lusinghiero indirizzo. Risultano assai interessanti le relazioni che Medici cominciò a inviare a Palermo poiché in esse venivano espresse le sue prime impressioni sui sentimenti di quelle popolazioni le più ben disposte - a suo dire - e forse le più animose dell'Italia intera, non mancando di sottolineare che i cittadini di Milazzo e quelli di Messina collaboravano pienamente e che era riuscito ad allacciare relazioni con persone patriote e ragguardevoli dei due paesi. Particolare cura dedicò all'organizzazione amministrativa della provincia, scegliendo funzionari e preposti di provata fede liberale.

 Svolse anche un'intelligente e intensa opera di propaganda che convinse alcuni ufficiali borbonici a passare nelle file garibaldine. Prese infine contatto con il Comitato segreto di Milazzo, al cui presidente rilasciava la seguente delega, prova evidente della grande fiducia che accordò al nostro concittadino: Il sottoscritto autorizza con la presente il sig. Stefano Zirilli ad aprire trattative col Comandante della fortezza di Milazzo, conducenti ad evitare un inutile spargimento di sangue ed un'immorale guerra fratricida. Tutto quanto verrà dal sullodato signor Zirilli proposto ed accettato sarà dal sottoscritto anche in nome del Generale Dittatore ratificato - Dato in Barcellona lì 7 luglio 1860 - Il Com.te della provincia di Messina.

 

 Il patriota milazzese di lì a qualche giorno riuscì a promuovere un incontro tra i due comandi militari, di cui ci ha lasciato la seguente relazione: Lavorai in questo senso per amore dell'umanità e della patria, e, comunque fornito di pieni poteri, pure volli ed ottenni che il Torrebruna ed il Medici, con le mie interferenze, trattassero personalmente questo componimento, riuniti in una cascina di campagna a mezza strada fra Barcellona e Milazzo, ove fu stabilita una convenzione militare, dopo lunga e cortese discussione, scritta di mio carattere e firmata da' due Capi: per la quale si pattuiva che la guarnigione napolitana col Comandante si sarebbe ritirata nel Castello e i garibaldini avrebbero occupata la città - con promessa reciproca di non molestarsi -; impedito a' garibaldini l'accesso nella Fortezza; permesso alla truppa regia, sotto debite condizioni, il rifornimento di viveri nella città. Una convenzione quasi simile fatta più tardi fra lo stesso Medici ed il Generale Clary in Messina.

Però il Torrebruna lealmente domandava di sospendere l'esecuzione per 24 ore, perocché, avendo domandato a Clary de' rinforzi, ne aspettava risposta. E quindi si convenne del pari: che se questi fossero arrivati in fra 24 ore, la convenzione si dovesse intendere annullata; se no di pieno diritto all'indomani si sarebbe eseguita, perché da lui consentita in virtù della insufficienza delle forze. Questo si convenne fra Medici e Torrebruna, me presente, la sera del 9 luglio alle 7 pomeridiane. All'incontro parteciparono anche Antonio Fazio di Barcellona e il Capitano del Genio Giuseppe del Bono, facente parte della guarnigione. La Convenzione tuttavia non potè dispiegare i suoi effetti per le ragioni che furono ben evidenziate da Franca Puglisi.

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