Il mirto: mirtus communis

Tesi di Emanuele Saraò (info line 3479954184), perito agricoltecnico, Istituto per l'Agricoltura e l'Ambiente "F. Leonti", Milazzo

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Premesse:

Sarao' Emanuele, cellulare per info 3479954184

Con Decreto Presidenziale 28 giugno 2000 sono stati individuati i “criteri per l’individuazione delle formazioni rupestri, riparali e della macchia mediterranea”, definendo, all’art. 1, la macchia mediterranea come una formazione vegetale, rappresentativa del clima mediterraneo, caratterizzata da elementi sclerofillici dell’Oleo-Ceratonion, alleanza dell’ordine Pistaceo Rhamnetalia Alterni (Quercetea illicis), insediata stabilmente in spazi appropriati in maniera continua e costituita da specie legnose arbustive a volte associate ad arboree, più o meno uniformi, sotto l’aspetto fisionomico e tassonomico. Fanno parte della macchia mediterranea diverse specie accumunate da alcune caratteristiche (crescita bassa, fusti resistenti, foglie rigide e coriacee) che le rendono capaci di tollerare i venti salmastri che soffiano dal mare. Tra le specie guida più espressive troviamo il mirto (Mirtus Communis).

Mirto

Diffusione Geografica:

Sono noti oltre 100 generi e 3000 specie di Mirtillo, tutte appartenenti alla famiglia delle Mystaceae, diffuse nelle Regioni Tropicali prevalentemente originari dell’Australia o dell’America tropicale. Il mirto vegeta in tutto il mezzogirono Europep, Grecia, Italia, Spagna e Francia. Nelle nostre zone, il mirto è presente nel Parco regionale dei Nebrodi che si estende per una superficie di circa 86.000 ha, comprendendo ventuno comuni, di cui diciassette in provincia di Messina (Alcara Li Fusi, Capizzi, Caronia, Cesarò, Floresta, Galati Mamertino, Longi, Militello Rosmarino, Mistretta, Sant’Agata di Militello, Santa Domenica Vittoria, San Fratello, San Marco d’Alunzio, Santo Stefano di Camastra, San Teodoro, Tortorici, Ucria), tre in provincia di Catania (Bronte, Maniace, Randazzo) ed uno in provincia di Enna.

Altre specie di Mirtillo presenti nella macchia mediterranea sono:

Il Mirtillo nero (Vaccinium Murtillus) diffusissimo allo stato spontaneo per lo più altitudini superiori ai 1000 m, sempre su terreni silicei o acidi e piuttosto freschi.

Il Mirtillo rosso (Vaccinium Vitis Idacea) abbastanza diffuso in molte regioni europee ed in Italia, in località collinari e montane, sempre in posizioni soleggiate e poco ombrose e terreni umiferi.

STORIA, LETTERATURA E MITOLOGIA:

Secondo la mitologia, il mirtillo è legato al nome di Venere, dea dell'amore, il Mirto compare infatti in numerose leggende. Alcuni ritengono che la dea, dopo il giudizio di Paride, si cinse di una corona fatta con questa pianta; i Greci usavano il Mirto per cingere il capo dei vincitori. Nel medioevo i profumieri ottenevano dai fiori la cosiddetta "acqua degli angeli". Fin da sempre considerato dagli indiani come simbolo di pace e per tingere il corpo e i tappeti, ancora oggi in Germania è usato come pianta propiziatoria nelle nozze e bruciato in sostituzione dell'incenso. La parola Mirto deriva dal Latino “Myrtus”, che a sua volta deriva dal greco" Myrtos Secondo la leggenda, una ragazza invincibile nelle gare atletiche di nome Marsina, viene trasformata da Pallade (divinità greca) in albero di Mirto, per aver superato un giovane in una gara.

CARATTERISTICHE BOTANICHE

Il Mirto è un arbusto sempreverde alto fino a tre metri, densamente ramificato; presenta inizialmente una corteccia rossastra che diviene poi nel tempo, grigia e screpolata. Le foglie sono persistenti, coriacee, ovali, di colore verde scuro Brillante sulla pagina superiore, più chiare su quella inferiore. I fiori, che si inseriscono con un lungo peduncolo all'ascella delle foglie, sono bianchi ed intensamente profumati; ogni anno il calice con cinque lobi acuti, la corolla con cinque petali bianchi, numerosi stami.  Il Mirto produce un'abbondante fioritura in un periodo che coincide con i mesi di maggio e giugno e porta a maturazione le bacche in autunno inoltrato, a partire da novembre fino al mese di gennaio. I frutti sono piccole bacche di colore nero violaceo e di consistenza carnosa.

DESTINAZIONE DEL PRODOTTO E UTILIZZAZIONE.

Per il suo contenuto in olio essenziale (mirtolo, mirtenolo e graniolo ed altri principi attivi minori), il mirto è un’ interessante pianta dalle proprietà aromatiche ed officinali (cura dello stress) . Al mirto sono attribuite proprietà balsamiche, antinfiammatorie, astringenti, leggermente antisettiche, peranto trova impiego in campo erboristico e farmaceutico per la cura di affezioni a carico dell’apparato digerente e del sistema respiratorio. Dalla distillazione delle foglie e dei fiori si ottiene una lozione tonica per uso eudermico. Le proprietà fitocosmetiche erano note fin dal medioevo, in quanto con la lozione di Acqua degli angeli , s’indicava l’acqua distillata di fiori di mirto. Il prodotto più importante, almeno dal punto di vista quantitativo, è rappresentato dalle bacche, utilizzate per la preparazione del “Liquore di Mirto”, propriamente detto. Il liquore di mirto è tradizionalmente ottenuto nelle preparazioni casalinghe per la macerazione delle bacche mature in alcool al 95% o acquavite per circa 40 giorni, dopo di che l’infuso alcolico viene tagliato con sciroppo di zucchero o miele fino a raggiungere gradazione alcolica desiderata, che per consuetudine di attesta fra il 28% ed il 36%. I liquore ottenuto si presenta di colore nero violaceo, di consistenza leggermente tannica e astringente. Dopo diversi mesi d’invecchiamento il liquore assume una colorazione dalle sfumature rosso rubino ed al palato ha un gusto più delicato e vellutato. E’ un ottimo liquore digestivo, da gustare ghiacciato dopo i pasti. Nei locali di ristoro in Sardegna è , ormai, una consuetudine consolidata gustare il mirto al termine del pranzo.

ASPETTI ECONOMICI ED AMBIENTALI.

L’incremento notevole della domanda ha posto seri problemi di tipo ambientale per l’elevata pressione antropica. La raccolta è effettuata come attività lavorativa sommersa da persone a reddito basso che traggono sostentamento dalla raccolta e dalla vendita di prodotti della vegetazione spontanea (mirto,erbe selvatiche, funghi, asparagi, ecc.). Per le dimensioni delle bacche, la capacità lavorativa è piuttosto bassa per cui si ricorre alla raccolta diretta dalla pianta, tagliando direttamente i rami e staccando le bacche con una semplice scrollatura dopo alcuni giorni di appassimento. Con questo metodo la pressione antropica diventa eccessiva e malgrado il mirto abbia una notevole capacità di ricaccio vegetativo, I'asportazione di biomassa è notevole con il rischio di pregiudicare la diffusione di questa specie nella macchia meditenanea.

 
L’importanza crescente del mirto come materia prima in processi di trasformazione locale, l'espansione commerciale in ambito extraregionale la sua rusticità sono elementi che depongono a favore dell'impiego di questa specie come coltura industriale, adatta a diversificare le produzioni agrarie e a valorizzare aree marginali  in regime estensivo. La crescente domanda di materia prima ha stimolato nell'ultimo decennio I'interesse da parte degli istituti di ricerca ed enti che svolgono attività di divulgazione nel settore agrario. La coltivazione del mirto negli ultimi anni è notevolmente aumentata in quanto richiede poche cura culturali e si adatta bene ai terreni poveri. Per le sue caratteristiche potrebbe proporsi come specie alternativa all'olivo o alla vite in aree collinari ipotizzando un investimento di 3000-3500 piante ad ettaro in modo da ottenere si rese dell'ordine di 30-60 quintali ad ettaro. La produttività della cultura va subordinata alle condizioni di fertilità del suolo e alla disponibilità irrigua: il mirto è una pianta che fruttifica sui rami di uno o due anni perciò le rese dipendono dalla nuova biomassa prodotta annualmente e dallo stato di nutrizione idrica della pianta. Per le sue prerogative è sicuramente una specie che può essere ulteriormente valorizzata sfruttando le sinergie dell'integrazione in attività produttive particolari quali I'agriturismo, l'apicoltura e il settore delle piante officinale e aromatiche.

PROPAGAZIONE.

Il mirto è una specie di facile propagazione .Può essere propagata per talea e per seme.  Il taleaggio è utile per clonare ecotipi o varietà di particolare pregio da utilizzare in mirtei intensivi. Si ottengono piante vigorose e precosi, in grado di fruttificare già in fitocella. Per ottenere una percentuale di radicazione accettabile è indispensabile ricorrere a tecniche che incrementano il potere rizogeno  (riscaldamento basale e trattamento fitoregolatori rizogeni) e rallentino I' appassimento delle talee (nebulizzazione). La propagazlone per seme è consigliata per un'attività amatoriale, da eseguire a casa o ad esempio in una scuola e ottenere piante autoprodotte. Le piante ottenute da seme sono meno vigorose e difficilmente entrano in produzione prima di quattro anni. Il vantaggio sta naturalmente nel costo virtualmente nullo e nella semplicità di esecuzione. L'unico accorgimento da adottare è quello di utilizzare subito il seme del mirto visto che perde il potere germinativo in tempi brevi. La semina va fatta perciò nel periodo di maturazione delle bacche, nei mesi di dicembre e gennaio. Per realizzare un piccolo semenzaio si possono utilizzare delle seminiere in plastica, alte circa dieci centimetri da riempire con terriccio e torba. Sul terriccio si sbriciolano le bacche semiappassite, distribuendo uniformemente il seme con una densità di 3-4 semi per centimetro quadro. Il seme va poi ricoperto con un leggero strato di terriccio, dopo di chè ci si deve preoccupare di irrigare frequentemente e moderatamente per garantire un costante (ma non eccessivo) grado di umidità del semenzaio. In zona con clima mite la cassetta può essere lasciata anche all'aperto, in zona riparata, tre in zone con inverno rigido è necessario tenere la cassetta in una serra o altro ambiente riscaldato, purché sia dotato di sufficiente illuminazione. In una sola cassetta in una è necessaria una manciata di bacche per ottenere diverse decine di piantine di mirto. Quando le piantine hanno raggiunto un’altezza di 4-5 cm si può iniziare a procedere con il rinvaso. Usando una paletta si solleva il terriccio a piccole zolle, si separano le piantine e si trapiantano. L'operazione va fatta delicatamente per limitare i traumi alle radici e il trapianto immediato. Vanno poste a dimora in piena terra all'età di un anno o, se non sufficientemente sviluppate, all'età di due anni. Per evitare successivi rinvasi si consiglia di usare fotocellule o vasi della capacità di mezzo litro. La crescita delle piante dipende dalle condizioni ambientali e dalle cure apportatevi.

CARATTERISTICHE COLTURALI

macchina scavallatriceImpianto: da eseguirsi secondo gli schemi di una coltura arborea da frutto (scasso, sistemazione della superficie, lavorazioni complementari, messa a dimore).

Messa a dimora: si impiegano piante di uno o preferibilmente due anni d’età, da mettere a dimora in autunno-inverno o al massimo entro marzo per realizzare i migliori risultati in fase di affrancamento.

Sesto d’Impianto: si adotta un sesto di m1x3,5, con allevamento in forma libera e a siepone.

Cure colturali: per la sua rusticità e la capacità di competizione, il mirto richiede per lo più il controllo delle infestanti nell’interfila nei primi anni ed anche sulla fila, con lavorazioni superficiali del terreno a scopo rinettante. In caso di culture in asciutto entrano in gioco le lavorazioni eseguite secondo i criteri dell’aridocoltura, qualora si operi su terreni profondi. Per quanto concerne la concimazione, la specie si avvantaggia di concimazioni azotate da eseguirsi in epoca primaverile per incrementare la produttività.  La concimazione azotata e quella potassica diventano indispensabili per garantire un buon livello nutrizionale ed evitare eventuali fenomeni di alternanza, qualora si provveda ad asportare i rami in fase di raccolta.

Potatura: in condizioni ordinarie potrebbero esse necessaria per eventuali interventi di contenimento dello sviluppo o di ringiovanimento e per interventi di mantenimento della forma d’allevamento.

Irrigazione: è indispensabile per garantire buone rese. La specie resiste bene a condizioni di siccità prolungata per cui potrebbe essere coltivata anche in asciutto, ma le rese sono piuttosto basse. Le dimensioni delle bacche, inoltre, sono piuttosto piccole e rendono proibitiva la raccolta con la brucatura o la pettinatura. Tre o quattro interventi irrigui di soccorso, nell’arco della stagione estiva, possono migliorare sensibilmente lo stato nutrizionale delle piante e, di conseguenza, le rese. I migliori risultati si ottengono naturalmente con irrigazioni più frequenti, adottando sistemi di microirrigazione con turni di 10-15 giorni, secondo la disponibilità e il tipo di terreno. I volumi stagionali ordinari possono, probabilmente, oscillare dai 1000 ai 3000 metri cubi ad ettaro. Raccolta: il contesto attuale vede l’uso esclusivo della raccolta manuale con l’impiego di strumenti agevolatori (pettini, contenitori per l’intercettazione). La raccolta mediante il taglio dei rami migliora la capacità del lavoro ed è pertanto più adatta per impianti di maggiore estensione, ma oltre ad offrire un eventuale rischio di alternanza, richiede maggiori oneri di fertilizzazione. Allo stato attuale, il sistema di raccolta prevede macchine scavallatrici che effettuano lo scuotimento o la pettinatura con intercettazione dei frutti per mezzo di reti. L’obiettivo del lavoro con il sistema meccanizzato è quello di evitare il danneggiamento della pianta ed in particolare dei frutti perché questi ultimi caratterizzano la qualità del prodotto finito.

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