Sarao' Emanuele, cellulare per info 3479954184IL MIRTO COMMUNIS, AVVERSITA'

Tesi di Emanuele Saraò (info line 3479954184), perito agricoltecnico, Istituto per l'Agricoltura e l'Ambiente "F. Leonti", Milazzo

 
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AVVERSITA'

Le avversità più comuni sono le "maculature fogliari", causate da agenti fungini del genere Cylindrocladium, che potrebbero diventare più incìsive in condizioni di66 abbondante umidità ed eccessiva disponibilità dì azoto, in cultura intensiva. Il danno consiste in una riduzione dell'apparato assimilante che si ripercuote sulla produttività della pianta. L'avversità più temibile è pero rappresentata da alcune-specie di volatili (tordi, merli), per i quali le bacche di mirto rappresentano un componente fondamentale della dieta nel tardo autunno. Eventuali attacchi da parte degli uccelli possono comportare la distruzione totale del raccolto. Gli insetti potenzialmente dannosi alla coltivazione del mirto, sono rappresentati in larga parte dai rincoti omotteri e dai tisanotteri. In particolare, in Sardegna le specie di cocciniglie più frequentemente riscontrate, sono la Saissetia oleae, la Partenolecanium cornì e il Ceroplastesrusci, mentre in altre realtà nazionali sono stati segnalati forti attacchi del tripide Heliothrips e possibile haemorroidá1is. Per la difesa del mirto dalle infestazioni dei fitofagi, adottare solo strategie di lotta indirette o ricorrere ai mezzi permessi dalle norme che regolano la difesa sanitaria in agricoltura biologica. Infatti, non sono registrati in Italia prodotti fitosanitari espressamente ammessi per il mirto destinato alla produzione di liquori e di oli essenziali. Tra gli insetti che possono arrecare danno alla coltivazione del mirto, i Tripidi meritano una particolare attenzione. Osservazioni specifiche, condotte in Toscana su piante allevate in vivaio, hanno infatti messo in evidenza una abituale presenza di Heliothrips haemorroidá1is ed hanno anche consentito di definire le soglie di danno. Questa specie si riproduce per partenogenesi e sverna allo stadio di uovo oppure, in caso di temperature invernali non particolarmente rigide, allo stadio di femmina. In pieno campo è attivamente

ALYRODIDAEALYRODIDAE

 

presente nel periodo aprile-maggio e compie generalmente 4 generazioni. Il tripide infesta soprattutto la pagina inferiore delle foglie, dove, con le sue punture di nutrizione, provoca la comparsa di piccole macchie decolorate che conferiscono alla foglia un aspetto argentato. In caso di forti infestazioni , si possono manifestare anche malformazioni. e disseccamenti degli apici vegetativi accompagnati da danni indiretti, dovuti alla forte emissione di goccioline escrementizie nere che imbrattano l'intera pianta. La soglia di danno per questa specie è stata fissata in 3 tripidi per foglia. Il gruppo sistematico maggiormente rappresentato nell'entomofauna del mirto è, senz’altro, quello dei Rincoti Omotteri, che annovera un gran numero di specie polifaghe dannose alle principali colture agrarie. Altro insetto di recente introduzione, anche in Sardegna, è la Metcalfa pruinosa, un piccolo omottero originale dell'America settentrionale che, a partire dagli anni '70, ha rapidamente invaso tutto il territorio italiano. L'insetto compie 'una sola generazione annuale e suoi attacchi sono facilmente riconoscibili poiché gli stadi preímmaginali vivono in gruppi di individui protetti da una abbondante secrezione cerosa di colore bianco candido che, in caso di forti infestazioni, può rivestire completamente i germogli. I danni provocati da questi flatidi hanno, in generale, una sola valenza estetica e raramente possono deprimere le produzioni di frutti o l'accrescimento vegetativo della coltivazione. Nei vivai e, in particolar modo nelle serre, le piantine in allevamento possono essere attaccate dal Trialeurodes vaporariorum, che in ambiente protetto, si moltiplicano durante tutto l'arco dell'anno compiendo numerose generazioni. Nelle coltivazioni all'aperto l’aleirodide è invece fortemente contrastato sa una vasta schiera di nemici naturali che deprimono le popolazioni del fitofago a livelli di non dannosità.

SAISSETIA OLEAE (OLIVIER)

    SAISSETIA OLEAE (OLIVIER)

Nelle coltivazioni di pieno campo assumono una maggiore importanza diverse specie di cocciniglie (coccidi) che, soprattutto in seguito ad errate pratiche colturali o un decorso climatico primaverile particolarmente piovoso, possono sfuggire al controllo degli antagonisti e determinare forti infestazioni. I coccidi, benché siano caratterizzati da piccole dimensioni, sono sicuramente fra gli insetti che causano le maggiori perdite economiche in agricoltura. Con le loro punture di nutrizione, essi sottraggono grandi quantità di linfa vegetale e determinano alterazioni fisiologiche della pianta ospite. La loro saliva può determinare, infatti, un aumento dei processi respiratori, decolorazioni e malformazioni degli organi epigei, ed un intristimento generalizzato della pianta. Questi fitomizi producono anche forti quantità di escrementi zuccherini che imbrattano l'apparato fogliare della pianta e consentono il successivo sviluppo di funghi saprofiti.  Le croste di fumaggine che cosi si formano, impediscono i processi di fotosintesi e determinano forti fenomeni di filloptosi. Osservazioni condotte in Sardegna durante il 2003, in campi sperimentali di propagazione hanno consentito di evidenziare le specie di coccidi più frequenti nella coltivazione di mirto. Dall'indagine, effettuata nel periodo primaverile ed estivo, e emersa una costante presenza di Saissetia oleae, Partenolecanium corni ed in misura inferiore, di Ceroplastes rusci. La Saissetia oleae si riscontra con molta frequenza su olivo, oleandro e agrumi ma, data la sua elevata polìfagia, può svilupparsi anche su numerose piante coltivate e spontanee. La specie compie 1-2 generazioni all'anno in funzione della pianta ospite, delle condizioni climatiche e delle pratiche colturali impiegate (irrigazioni, concimazioni, lavorazioni dei terreno, ecc.). In Sardegna, la biologia e la dinamica di popolazione di questo fitomizo è ben conosciuta nella coltivazioni dell'olivo.

 
La S. oleae su questa specie compie normalmente una sola generazione annuale e sverna come neanide di 11-111 età e, in piccola percentuale, come femmina. La massima presenza di femmine ovideponenti si riscontra a giugno. La specie si riproduce per partenogenesi e ciascun adulto depone in media un migliaio di uova in una quindicina di giorni. Le neanidi di 1 età si rinvengono con massima densità in luglio-agosto. Esse si disperdono attivamente nella chioma e, poiché temono l'insolazione diretta, tendono a fissarsi nella pagina inferiore delle foglie. Completato il loro sviluppo postembrionale le giovani femmine riprendono la loro mobilità e si spostano sui rametti. Il Partenolecanium corni vive su svariate piante da frutto, su vite, piante ornamentali e forestali e su alcune piante erbacee. Il fitofago svolge generalmente una sola generazione annuale e passa l'inverno allo stadio di neanide di H età riparata nelle anfrattuosità della corteccia. Gli individui svernanti completano lo sviluppo in primavera e le femmine ovideponenti sono presenti nel periodo compreso tra aprile e giugno. Le neanidi vivono sulla pagina inferiore delle foglie da cui si spostano solo nel periodo autunnale per raggiungere i siti dì svernamento. Alcuni individui possono completare il ciclo più rapidamente e dare origine ad una seconda generazione con ovideposizioni estive. La fecondità delle femmine è fortemente condizionata dalla specie vegetale ospite, variando da circa 3800 uova su Robinia pseudòacacia a 700 su biancospino. Il Ceroplastes ruscì è una specie diffusa nel meridione d'Italia, dove arreca rilevati danni su fico, agrumi e piante ornamentali, in particolare su alloro. Il ciclo biologìco di questa specie non si differisce in maniera sostanziale rispetto alla 9 oleae. Infatti il fitomizo compie 1-2 generazioni annuali e sverna allo stadio di nenanide di III età o come giovane femmìna. Sul mirto possono svilupparsi anche diverse specie di Lepidotteri le cui larve, nutrendosi delle lamine fogliari, determinano defogliazioni più o meno importanti. Il mirto spontaneo, specialmente quando associato al corbezzolo, viene spesso danneggiato dal limantride.

CEROPLASTER RUSCI (LINNAEUS)

 CEROPLASTER RUSCI (LINNAEUS

COCCUS HESPERIDUM LINNAEUS 

  COCCUS HESPERIDUM LINNAEUS 

Euproctis chrysorrhoea (Linnaeus). Le popolazioni di questo insetto manifestano variazioni quantitative di tipo temporaneo con 3-4 anni consecutivi di elevate densità a cui segue un periodo di latenza in genere superiore ai 10 anni. Negli anni di massima abbondanza, nelle aree a macchia mediterranea, il limantride defoglia in maniera preferenziale il corbezzolo ma danneggia gravemente il mirto, l'erica, la fillirea e il cisto. Tra i fillofagi forestali anche il geometride Cyclophora pupillaria è stato segnalato in diverse essenze della macchia ma la sua attività trofica non causa generalmente danni di rilievo. Il tortricide Lobesia botrana, la comune tignoletta della vite, potrebbe invece risultare dannosa alle produzioni di bacche. Infatti, la specie compie 3-4 generazioni all'anno e le sue larve possono nutrirsi dei fiori o dei frutti in tutto il periodo estivo. Sono infine da segnalare i tortricidi Cácoecimorpha pronubana e Epichoristodes acerbella che, in particolar modo in serra, possono provocare forti danni erodendo i giovani germogli. Gli insetti riportati in questa breve nota non esauriscono certamente la lista dei fitofagi che possono evolversi a carico del mirto ma rappresentano solo le specie che hanno mostrato. nei pochi studi condotti per questa coltura, la potenziale capacità di determinare perdite di produzione di rilevanza economica.

LOTTA AGLI INSETTI FITOFAGI DEL MIRTO

 
La difesa del mirto dai parassiti animali non presenta particolari difficoltà se si considerano le produzioni vivaistiche o la pianta ornamentale. In questo caso infatti è disponibile una ricca farmacopea che contrasta efficacemente le infestazioni dei fitofagi. Più problematica appare invece la gestione fitosanitaria della coltivazione destinata alla produzione di liquori e di oli essenziali poiché, seguendo la normativa vigente che regola l'impiego dei fitofarmaci, vi è una totale assenza di mezzi chimici di sintesi espressamente ammessi per il mirto. Occorre quindi adottare strategie di lotta indirette o ricorrere ai mezzi permessi dalle norme che regolano la difesa sanitaria in agricoltura biologica (Reg. CEE 2092/91 e successive modifiche ed integrazioni). I fitofagi che possono causare rilevanti perdite di produzione nella coltivazione in pieno campo (tripidi e coccíniglie) sono fortunatamente soggette ad una elevata mortalità naturale indotta dall'artropodofauna utile e da un insieme di fattori abiotici. Un'azione rilevante sul controllo delle cocciniglie viene esercitata da numerosi parassitoidi specifici e predatori generici. Le neanidi in fase di dispersione vanno incontro a mortalità superiori al 90%. L'insolazione diretta, temperature estive elevate collegate a basse umidità e i venti caldi riducono poi ulteriormente le popolazioni neanidali. Per prevenire le pullulazioni entomatiche occorre quindi favorire le cause di mortalità e possibilmente potenziarle. A questo scopo agiscono le razionali pratiche agronomiche (potature, concimazioni equilibrate, irrigazioni contenute, ecc.) che limitano un eccessivo rigoglio vegetativo ostacolando lo sviluppo dei fitomizi. All'atto dell'impianto, la scelta varietale può condizionare notevolmente il futuro stato sanitario della coltivazione. Osservazioni condotte in Sardegna hanno infatti evidenziato che le varietà caratterizzate da maggiore compattezza della chioma risultano più suscettibili agli attacchi delle cocciniglie. Anche le pratiche agronomiche che diversificano l'agroecosistema rendono la biocenosi più stabile e meno favorevole alle popolazioni dei fitofagi. Bisognerebbe quindi evitare grossi impianti monospecifici e favorire le consociazioni con specie caratterizzate dalle stesse esigenze colturali. La pratica dell'inerbimento della coltivazione, benché favorisca la diversità floristica e faunistica, potrebbe invece risultare dannosa. Infatti. la presenza di piante erbacee permette il notevole sviluppo di popolazioni di Rincoti Auchenorrinchi, potenziali vettori di affezioni fitoplasmatiche. Nella coltivazione del mirto possono trovare un utile impiego alcuni prodotti fitosanitari ammessi in agricoltura biologica. Le piretrine possono (per esempio, controllare le infestazioni del tripide H. haemorroidá1is determinando mortalità superiori al 95%. Gli oli minerali, benché siano pressoché innocui contro le cocciniglie adulte, sono estremamente efficaci se si effettuano trattamenti tempestivi contro le neanidi dì I età. Contro i lepidotteri sono invece disponibili diversi formulati microbiologici a base di Bacillus thuringiensis che vengono normalmente usati anche nell'agricoltura convenzionale. Nonostante queste utili informazioni, mutuati dalle sperimentazioni condotte in altri agroecosistemi che ospitano gli stessi parassiti del mirto, la definizione di una strategia di lotta razionale in questa nuova coltivazione non è ancora proponibile. La coltivazione intensiva del mirto in impianti specializzati è infatti piuttosto recente e non è ancora disponibile un quadro completo dell'entomofauna ad esso infeudata. Mancano poi del tutto gli studi che legano le riduzioni di produzione all'abbondanza dei singoli fitofagi e che sono indispensabili per poter definire le soglie di danno economico e di intervento.

LA MICROPROPAGAZIONE DEL MIRTO

Principali obbiettivi:

Il mirto è una specie tipica della flora mediterranea di interesse paesaggistico ed ecologico ed è utilizzata in campo alimentare, farmacologico, cosmetico e foraggero. In Sardegna sono presenti diverse industrie di trasformazione che utilizzano le bacche di mirto per la produzione dell'omonimo liquore. Per la salvaguardia della flora spontanea e necessario che la materia prima venga approvvigionata da impianti appositamente costituiti. Diventa cosi di  fondamentale importanza l'approfondimento degli studi su questa specie, al fine di mettere a punto tutte le tecniche correlate alla sua propagazione e coltivazione Pertanto si è ritenuto interessante intraprendere uno studio sulla mícropropagazíone dei mirto, al fine di mettere a unto un valido protocollo per la coltura in vitro e di verificare l'attitudine e le eventuali differenze nella risposta alla tecnica di diversi genotipi di mirto sardo, ritenuti interessanti per le caratteristiche delle bacche e della vegetazione.

CURIOSITA

Il mirto è una bellissima pianta  ornamentale da giardino. L'abbondante e suggestiva fioritura o la presenza per lungo tempo delle bacche, lo rendono adatto a ravvivare il giardino come arbusto isolato, allevato a cespuglio o ad alberello. L'utilizzazione più interessante del mirto come pianta ornamentale è tuttavia la siepe: in condizioni ambientali favorevolì,è in grado di formare una fitta siepe medio-alta in pochi anni. Le foglie relativamente piccole e la notevole capacità di ricaccio vegetativo lo rendono adatto a formare siepi modellate geometricamente con la tosatura. Nella tradizione gastronomica il mirto è un importante condimento per insaporire carne e pesce, aromatizzare vini e liquori, e si  può ottenere, ponendo poche foglioline di mirto nella teiera un ottimo tè. L'essenza tratta dai fiori di mirto è molto usata in profumería e cosmetica, e costituisce la nota "Acqua degli angeli” che possiede spiccate proprietà tonificanti e astringenti per l'epidermide. Per concludere, il mirto è una pianta importante per l'apicoltura essendo bottinaia dalle api per ottenere il polline. Il miele monoflora di mirto è piuttosto raro: per definizione il 90% del polline del miele monoflora deve essere costituito da polline di mirto, ma va precisato che il mirto non produce nettare, essendo il fiore privo di nettariL Pertanto, trattandosi di una specie comunemente presente in associazioni fitoclimatiche questa pianta contribuisce alla produzione di miele di cardo o del miele mille fiori.

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parte prima mirto

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