Ulisse, in greco Odisseos, descritto dall'aedo cieco, Omero, cioè il cantore cieco, è l'eroe che dopo la guerra contro Troia, cerca di fare ritorno ad Itaca. E' l'eroe saggio e giusto, il padre di famiglia che torna a casa, ma di certo con molto peregrinare, impiegando in questo viaggio almeno 20 anni. Re di Itaca, figlio di Laerte e di Anticlea, sposo di Penelope, padre di Telemaco, Ulisse vorrebbe ritornare agli affetti familiari e alla nativa Itaca dopo dieci anni passati a Troia a causa della guerra, ma dovrà infine prima di poter riabbracciare Penepole uccidere tutti gli altri Proci.
Il poema è uno dei testi fondamentali della cultura classica occidentale, è diviso in XXIV libri e canta le vicende di Ulisse dal momento della sua partenza da Troia al ritono nella sua patria Itaca.
Il suo viaggio per tornare in patria è infinito; le tappe possono essere così riassunte:
Da Itaca a Capo Malea
Da Capo Malea alla Terra dei Lotofagi
Dalla Terra dei lotofagi all'Isola dei Ciclopi
Dall'isola dei Ciclopi all'Isola di Eolo
Dall'Isola di Eolo alla Terra dei Lestrigoni
Dall'Isola dei Lestrigoni all'Isola di Circe
Dall'Isola di Circe alla dimora di Tiresia
Dall'isola di Circe a Imera
Da Imera a Scilla e Cariddi
Da Scilla e Cariddi all'Isola di Trinachia
Dall'Isola di Trinachia all'isola di Ogigia
Dall'Isola di Ogigia alla Terra dei Feaci
Molti luoghi sono vicini alla penisola di Milazzo; si parla chiaramente delle isole Eolie dove risiede Eolo, il re dei venti; si fa riferimento a Scilla e Cariddi, agli scogli che si muovono, alla terra dei Lestrigoni, dove vi sono dei giganti, che alcuni pensano trattarsi della Sardegna o piuttosto della Sicilia stessa.
Insomma nell'Odissea si fa riferimento a luoghi precisi ma più spesso non si riesce a capire dove si trovino veramente i posti descritti..
Questo non avviene nel caso di Milazzo, dove l'aedo greco, Omero, parla di luoghi precisi, come se li conoscesse di persona.
Che Ulisse fosse venuto a Milazzo questa ipotesi sembra realtà ed è un'evenienza assodata e confermata, anzi diremmo pure che sia venuto più volte, perché in diversi canti si fa riferimento preciso a Milazzo e vediamo perché.
Si fa riferimento ai giganti, i ciclopi, esseri abominevoli, molto alti, con un occhio solo, a cui apparteneva Polifemo, che signifca letteralmente "quello che parla molto", quello che è spaccone e tracotante ed in Grecia chi è tracotante e spaccone è considerato colpevole del peccato di "iubris", cioè di "boria o superbia", da cui il detto milazzese , essere "urbito" e peccare di "urbitarìa".
Scrive Omero:
"E arrivammo alla terra dei Ciclopi superbi e senza legge, i quali, fidando negli
dei immortali, non piantano, non arano mai: nasce tutto senza semina e senza
aratura, il grano, l'orzo e le viti che fioriscono di grappoli sotto la pioggia
di Zeus. Davanti al porto non troppo vicina né troppo lontana dalla terra dei
Ciclopi c'è un'isola piatta e selvosa, dove vivono capre che belano, potevano
fare bella quest'isola che non è sterile e darebbe frutti ad ogni stagione. Vi
sono dei prati, lungo le rive del mare, morbidi e freschi; viti perenni che
potrebbero starvi a dimora"
Appunto si parla della penisola di Milazzo, che vista da lontano, dal mare, sembra un isola piatta, collegata alla terra ferma da un lembo di sabbia, appena visibile da lontano, terra fertile, dove crescevano facilmente le messi, il grano e l'orzo ed i vigneti, insomma l'Aurea Chersoneso, cioè la penisola dorata.
Ma torniamo all'eroe greco.
Gli achei che viaggiano con Ulisse iniziano a divorare la gran quantità di cibo che trovarono all'interno della grotta di Polfemo, e si cibano degli animali di proprietà del gigante Polifemo, pecore e montoni.
Quando il ciclope torna nella sua dimora, trovati gli uomini seduti al suo banchetto, irato per il saccheggio degli animali, divora due compagni di Ulisse e poi chiude tutti gli achei nella caverna.
Ebbene, questa caverna esiste a Milazzo per davvero ed è enorme, sita dentro la collina del Castello, sotto il Castello stesso, un antro di dimensioni gigantesche, utilizzato in passato per tenerci dentro le mandre e/o cose di marineria, per come mi ricordo anch'io quanto fino al 1964 c'erano dei mandriani in zona che pascolavano le vacche e le pecore tra le colline del promontorio di Milazzo.
La grotta è sita, come scrive Omero, precisamente nei pressi del mare, davanti al mare, antro eccelso ricoperto da lauri, cioè da vegetazione mediterranea.
Quindi si parla di fatti reali e concreti. Omero, dunque, conosceva Milazzo e la zona del Tono.
Ulisse, meditando vendetta, offre in dono il vino che aveva portato con sé dalla
nave al gigante: Polifemo accetta di buon grado la bevanda, gustandola in gran quantità, ma
l'eroe greco si serve anche di uva locale con cui confeziona un vino molto forte e generoso,
appunto il famoso "vino da taglio" di Milazzo.
Ormai ubriaco, chiede ad Ulisse il suo nome, ed egli rispose: "il mio nome è Nessuno".
Quando il gigante si addormenta, Ulisse vendica i suoi compagni, acceca l'unico occhio sano del gigante con una grande trave di legno incandescente e mentre Polifemo toglie la pietra per chiedere aiuto agli altri Ciclopi, i compagni riescono a fuggire, e Polifemo, imbestialito, con l'intento di colpire la nave degli Achei, scaglia un masso che diventerà lo scoglio della Portella, a Punta Messinese, altro che i ciclopi di Acitrezza e scogli catanesi vari !
>Segue un video che vi fa vedere la Grotta di Polifemo anche dall'interno e le spiagge sabbiose dove di incagliano le navi di Ulisse...
Ulisse, partito da Milazzo, raggiunse poi l'isola di Eolo, il re dei venti, che dimorava nelle Isole Eolie. Ed il ragionamento non fa una grinza !
Questa volta
recandosi da solo nella dimora del dio in cerca di aiuto, ottiene da Eolo
il regalo di un otre pieno dei venti sfavorevoli, che lo avrebbe aiutato a
raggiungere la sua terra.
Quando grazie al dono di Eolo raggiunse finalmente Itaca, Ulisse si addormenta
per la fatica. I suoi uomini, vergognandosi di tornare a casa dopo tanti anni e
a mani vuote, sospettosi che Ulisse nascondesse dell'oro nell'otre, ruppero
la fiasca di pelli e i venti sfavorevoli fuoriuscirono respingendoli lontani da Itaca.
Le correnti li spinsero nuovamente dai giganti, i Lestrigoni, giganti divoratori di uomini.
Alcuni dei
suoi uomini attraccarono al porto, ma Ulisse per precauzione decise prima di
sbarcare di analizzare attentamente l'ambiente aggirando il promontorio. I Lestrigoni li attaccarono e quasi tutta la flotta fu distrutta, tranne la nave
governata da Ulisse.
Raggiunsero poi l'isola della maga Circe.
Eccoci arrivati al dodicesimo libro dell'Odissea.
Anche qui riferimenti precisi a Milazzo.
Tornato dall'Ade all'isola di Circe, con i compagni Ulisse dà sepoltura
all'incauto Elpenore e per tutto il giorno mangia e beve su invito della maga.
Circe predice all'eroe l'incontro con le Sirene, spiegandogli anche come evitare
di rimanerne vittima.
Superata questa prova, Ulisse si troverà di fronte a un'alternativa: le Rocce Vaganti e gli altrettanto terribili scogli di Scilla e Cariddi.
Quindi è sempre nei nostri dintorni, dalla punta della Calabria, finisce ancora a Milazzo, spinto dai venti di ponente.
Arriverà ancora all'isola di Trianchia (Trinacria, cioè la
Sicilia), dove pascolano le mandrie e le
greggi del Dio Sole, decantate
dall'epopea classica.
Il Dio Iperione pascolava a Milazzo le 360 vacche sacre, che simboleggiano i giorni dell'anno. Milazzo è la terra più assolata d'Italia.
Nessuno li poteva mangiare impunito, questo dice la maga Circe, la quale vuole fare all'amore con l'eroe Greco e poi avvelenarlo ma il Dio della Guerra Ermes, ha reso Odisseos immune dal veleno di Circe.
Dicevamo, Odisseos non dovrà toccare assolutamente le mandre sacre, pena la fine certa della nave e la perdita di tutti i compagni.
L'eroe riparte ed a bordo della sua nave condivide con i compagni quanto ha appreso dalla maga Circe. Poi si prepara ad affrontare il pericolo delle Sirene e si fa legare all'albero maestro della nave mentre tappa con la cera le orecchie dei comoagni. Soave e armonioso è il canto delle Sirene dalla voce bellissima, tanto che Ulisse vorrebbe slegarsi, ma Perimede ed Euriloco lo stringono ancora più forte.
I versi più belli:
Per prime incontrerai le Sirene,
che incantano tutti gli uomini che si avvicinano a loro.
Chiunque, senza saperlo, approda alla terra delle Sirene,
e ascolta la loro voce,
non potrà mai più tornare a casa:
sua moglie e i suoi piccoli figli non potranno circondarlo al suo ritorno,
perché le Sirene lo incantano con la loro voce melodiosa".
(XII, vv. 39-44)
Molto più difficoltoso risulta il passaggio tra Scilla e Cariddi: si
arma contro il tremendo mostro che gli porta via sei compagni, "i migliori per
forza e per coraggio", per cibarsene.
La tappa successiva conduce i sopravvissuti alla meravigliosa isola ( o penisola?) in cui pascolano le greggi del Sole. Memore delle raccomandazioni di Tiresia e di Circe, Ulisse esorta i compagni a tenersene lontano da Milazzo e dalle mandre sacre, ma i compagni decidono di sbarcare lo stesso nella penisola del Sole.
La nave dell'eroe non riesce, però, a prendere il largo per via del vento di ponente che soffia per mesi e mesi d'inverno dalle parti nostre ed i compagni, affamati, decidono infine di procurarsi il cibo con le armi.
Ulisse, però di dissocia da loro, mentre Euriloco ha buon gioco a convincere
gli achei a sacrificare agli dei le vacche del Sole e
a cibarsene.
Il Sole non la prende bene e denuncia l'empietà a Zeus che gli promette
vendetta. Quando Ulisse riesce a riprendere il mare, la nave viene colpita da
una terribile tempesta. Lui è l'unico sopravvissuto e dopo nove giorni alla
deriva approda all'isola di Ogigia, dove viene assistito dalla bella
Ninfa Kalipsos, che significherebbe, " Colei che si nasconde" o, per come
penso io, " colei che ha occhi belli".
La Bibbia stessa parlava del tempo dei Giganti che vivevano sulla terra.
Sembrerebbero delle affermazioni assurde se non fosse per il fatto che ossa
umanoidi enormi sono state scoperte nel corso degli scavi archeologici nel nuraghe Barru,
in Sardegna, tra Guasila e Guamaggiore. Si trattava di un umanoide
gigante, sepolto a circa 80 centimetri di profondità e stando ad alcuni testimoni
di dimensioni notevoli" leggiamo sul quotidiano l'Unione Sarda, che prosegue:
"Ha un femore enorme" spiega "il sindaco di Guamaggiore, Nello Cappai, subito
accorso sul luogo del ritrovamento".
Anche in altri regioni del mondo sono stati trovati scheletri giganteschi, per
esempio, Padre Carlos Vaca, un prete cattolico, ha conservato per decenni
resti umanoidi scheletrici di enormi dimensioni. La maggior parte dei frammenti
ossei, esseri che hanno avuto
l'altezza di circa 7 metri, sono stati esumati in un posto chiamato
"Changaiminas" in Ecuador. è interessante notare che, Changaiminas, tradotto,
significa "Cimitero degli Dei".
A Milazzo, negli anni 1968-70, furono condotti scavi nei pressi della piazza
della Chiesa del Sacro Cuore per
le fondazioni di palazzi limitrofi, sembrerebbe, secondo alcune testimonianza attendibili,
per costruire il palazzo dove oggi è sito il "Saverly Hotel"; qui sarebbe
stato reperito uno scheletro di un gigante di circa 3
metri, seppellito con il cranio verso S. Giovanni, cioè in direzione Nord. Lo scheletro si sa che fu
consegnato alle Autorità preposte (sovraintendenza ai beni culturali ?) e che probabilmente venne
inviato in America per ulteriori studi (al National Geografic?)
Che a Milazzo ci siamo state persone affette da gigantismo, per problemi di adenomi
ipofisari è notizia apparsa sui giornali a seguito di lavori condotti dal
prof. Cannavò dell'Università degli Studi di
Messina che ha condotto uno
studio in merito al
gigantismo ed adenomi ipofisari, dimostrando come la associazione fra adenomi
ipofisari e gigantismo sia assai frequente nel nostro hinterland.
Dunque è possibile che Odisseo sia sbarcato a Milazzo in 2 circostanze
differenti:
a) Dopo che i suoi compagni aprirono l'otre pieno di venti, fra cui il
micidiale vento maestrale o di ponente, come volgarmente lo definiamo noi, e
che, ragionevolmente, fu spinto indietro da Itaca fino nelle spiagge sabbiose di Ponente, nella terra
dei giganti detti Lestrigoni, divoratori di uomini;
b) Quando raggiunse l'antro enorme di Polifemo
ed i suoi compagni,
cibandosi degli animali di Polifemo, suscitarono la sua ira funesta. Poi ci fu
lo stratagemma del palo infuocato e via dicendo, fino alla liberazione dei
compagni di Ulisse. In questo caso il gigante monocolo potrebbe essere
assimilato ad una persona affetta da tumore dell'adenoipofisi, con compressione del
chiasma ottico e perdita appunto di un occhio; in questi casi una persona raggiunge anche
2,60 di altezza per via della produzione anomala di ormoni ed, ovviamente, di fronte ai greci che erano alti
al massimo 1,60 mt,
Polifemo appariva un gigante.
Poi è congruente il fatto che il gigante viene ubriacato col vino locale che era fortissimo, appunto il vino da taglio che si produce a Milazzo, rinomato e conosciuto da Greci e poi dai Romani, quando anche l'Aquila fu imposta a Milazzo, dopo la sconfitta del pirata Sexto Pompeo;
c) Quando i compagni di Ulisse si cibano delle
vacche sacre del Dio Sole
che pascolavano nell'aurea Chersoneso, cioè nella penisola d'oro, che era
appunto Milazzo. Nell'Odissea si descrive un'isola piatta con spiagge sabbiose,
dove la nave si incaglia. I compagni che avevano mangiato le carni delle vacche
sacre periscono in mare, mentre solo Ulisse si salva e finisce poi dalla maga Circe.
d) Che Ulisse sia passato da
Milazzo è realtà: si parla di Scilla e Cariddi,
si parla della terra del Dio Sole che è appunto la nostra penisola, si fa
riferimento all'antro ciclopico, sito in una montagna eccelsa ricoperta da lauri,
sito nei pressi del mare, appunto la spiagga del Tono e la grotta di Polifemo
e) I Catanesi parlano di Acitrezza, ma se una nave è sballottata da una
tempesta, dalle isole Eolie, finisce per incagliarsi nelle spiagge
sabbiose del tono, come appunto si canta nell'Odissea di Omero.
Meditate genti, meditate...
Stringendo il sunto, Odisseos fu un nostro primo "turista per caso".