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Il racconto di Natale

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Natale non sempre è gioia per tutti, in questo sta il nostro augurio, cioè nel desiderio che possiate godere con noi della magia del Natale Siciliano, visto attraverso gli occhi piccolini del vostro dott. Claudio Italiano, per come lo vivevo io un tempo.

A cona 'i Natali del caro amico sig. Maio Antonino (un amico che non è più con noi!)

IL NOSTRO RACCONTO DI NATALE...

E vinìa Natali, cu' friddu e ca' fami....

E lo sentivi già nell'aria nel profumo di manderini che il monello di strada sbocconcellava in classe, tirandone fuori gli spicchi dalle cartelle di cartone; lo coglievi nelle stelle di Natale che la bidella, signorina Maria, offriva al Santo Presepe dove Gesù Bambino si sostituiva alla Madonnina del prof. Ciccio Iannello; nelle serate della Novena, poi, lo avvertivi nelle nenie soavi che, il ponentino trasportava tra le stelle e la luna della notte tersa e frizzante, dall'alto della collinetta dell'Immacolata, di un Padre Innocenzo che diffondeva le musiche nei cuori. Già la vigilia dell'Immacolata o lo stesso giorno, scendevano dai nostri monti, da Rometta, da Monforte o da S. Lucia, i ciaramellari, e noi bimbi eravamo preoccupati se, per caso, per quest'altro anno il ciaramellaro avesse dimenticato di venire. Stazionavano presso le parrocchie , dove in cambio dell'ospitalità, si impegnavano a suonare durante le funzioni.

Altri, invece, si organizzavano in orchestrine; famose erano quella di San Pietro di Milazzo, "du' Zu' Vanni 'u Zumbiuni" e di "don Pippinu".  Ma, andando avanti con gli anni, anche i ciaramellari si erano industriati e venivano in città con le prime 500, cariche di ciaramelle sul sedile posteriore. Smunti in viso, col naso affilato dai troppi stenti, le guance rosse di un enfisema polmonare incipiente, con le giacchette di fustagno nero, gli  scarponi pesanti da mandriano, i passamontagna, essi tenevano sulle spalle queste enormi  ciaramelle afflosciate, addobbate con nastri colorati e nastrini rossi, non capisco se per ornamento o "fora malocchio" (fuori il malocchio).

Segue un breve stop, godetevi il filmato del presepe animato del Natale 2019, presso la nuova Chiesa della Transfigurazione di Milazzo

 

E noi là, davanti a piccoli presepi, con la famiglia raccolta e i più piccoli con le orecchie tappate, quasi a temere il boato delle canne sull'accordo di DO Maggiore, che seguiva fragoroso finito il faticoso rigonfiamento della ciaramella; quindi seguivano 5 minuti di "birulu, biluru .... e l'ultimo peeeeee finale a ciaramella strizzata, con l'applauso dei presenti e la gioia di tutti per essere trascorso un nuovo anno in buona salute ed essere ancora tutti insieme a festeggiare il Natale, che è appunto la festa della famiglia. Poi seguiva il classico bicchierotto di vino buono, offerto al ciaramellaro in segno votivo! 

Il S. Presepe Sicilano: "a Cona 'i Natali",
con arance, manderini e sparacina,
frutta secca e marmellate di cotogno

Ma era Natale, perchè già nei cuori ci si preparava da tempo all'occasione... e si riusciva a cogliere il significato della Festa, che era la festa della Famiglia riunita, degli amici e dei piccoli. Soldi circa zero per comprare gli addobbi: i fratelli più grandi o i papà stessi, tuttavia, nel tempo libero, erano ricchi di iniziativa ed andavano tra i campi di Milazzo a raccogliere il muschio, che a quei tempi ancora cresceva rigoglioso sui muriccioli vecchi del Tono, tra gli ulivi di San Papino e del Capo,  tra la sparacina e gli spuntoni dei primi "asparagi di villa", tra le "sipale" dei ficodindia, che allora ancora non si compravano ai supermercati, e i "ntuppateddi", cioè le lumache chiuse nel guscio.

I presepi erano piccolini, spesso ricavati sul comodino, ma agli occhi dei piccoli sembravano immensi, ingigantiti dalla fantasia di due occhietti sgranati, con le "spammaciri" (spermaceti), con i lumicini che galleggiavano sull'olio, il muschio disteso tra i pochi pastorelli, i pethri du "ma' d' arreti"(cioè i sassi del mar di ponente, cioè di dietro, perchè Milazzo essenso penisola ha 2 mari), la "sparacina" pungente raccolta per l'occasione, il mirtillo, le stelline del cielo, l'angioletto appeso, il sughero per le montagne, il cotone per la neve ed arance, manderini, mandorle, noci, nocciole, confetti, "cassatedde", "mustada", e gli ultimi grappoli d'uva che le mamme avevano posto a mò d'offerta al Santo Bambino, per la ricca vendemmia che avevano avuto.      E non vi dico la gioia della Vigilia, quando la famiglia si riuniva a tavola, davanti al classico piatto di pescestocco con le patate o della ventre di tunnina(cioè la parte di sotto del tonno, la pancia), e lo "scaccio" (cioè la frutta secca da schiacciare), tra fichi secchi dolcissimi, mele piccole e profumate e qualche torrone soltanto.  E i regali?

Un paio di guanti di lana o una sciarpetta che la mamma aveva fatto ai ferri, un balocco di legno con le ruote da tirare correndo per la casa e tanto tanto affetto. Quindi si giocava a "sparari u casteddu paratu c'u baddu di nucidda nchiumbatu" (letteralmente tirare al mucchietto di nocciole col la nocciola grossa piombata), o "c'u canali". Ora mi chiedo, a prescindere dai bei discorsi retorici che si fanno in questi giorni, non sappiamo se per spettacolo o quale espressione del proprio modo di essere, quando la notte di Natale ci esibiamo dietro le nostre belle pellicce in un clima da aria condizionata, chi di noi riesce più a vivere il Natale? Chi di noi è in grado di trasmettere la magia del Natale dei Valori ai propri figli?

E' forse il video game 2 o il nuovo smart phone a creare l'atmosfera e lo spirito del Natale, quando il padre si guarda la sua bella partita di calcio e suo figlio si nevrotizza altrove al computer in giochini con la play station ?

Buone Feste, Claudio Italiano.

 

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