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L'atto di nascita del Palazzo dei Viceré

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di ANTONINO MICALE - tratto da La Voce di Milazzo

Con orgoglio per il pregio ricevuto nel pubblicare questo documento del grande e compianto storico di Milazzo, prof. Antonino Micale, pubblichiamo il suo prezioso lavoro per i posteri Milazzesi, mentre bacchetta affettuosamente e benevolo Massimo Tricamo; ne abbiamo bisogno di queste persone, ora che più che mai rischiamo di trasformare "l'Aquila mari imposita" in un volatile spellacchiato ! Ad majora.

P.S.   Ricordiamo, infine, ai nostri navigatori, che attorno al palazzo dei Vicerè è stato avvistato un  fantasma vestito con cappellaccio nero e scocca nera, aggirarsi senza piedi svolazzando intorno. Fatto vero!  Non scriviamo fandonie! E' fatto reale avvistare a Milazzo degli ectoplasmi, per esempio nella zona del Camposanto, al Castello, nella tenuta della Baronia. Vedi il link sui fantasmi.

Claudio Italiano per il sito Milazziano

L'articolo di Massimo Tricamo dal titolo "Ecco l'atto di nascita del Palazzo dei Viceré" apparso sul n. 12 de "La Città" ci obbliga a riconsiderare, in chiave critica, l'argomento. Difatti, mentre esprimiamo apprezzamento per l'impegno dell'autore, si è costretti a dissentire sull'assunto che assegna alla fonte consultata e citata la costruzione dello storico edificio.
Preciso e preliminare punto di riferimento è la nostra relazione - "Il Palazzo dei Viceré e dei Governatori" - tenuta il 9 dicembre 1995 in occasione del dibattito sul suo restauro e della relativa mostra fotografica e tecnica.


Relazione nella quale, per evidenti esigenze di contenuto, abbiamo omesso dal soffermarci sull'atto in questione a noi già noto alla pari di altre fonti documentali e letterarie solo parzialmente considerate in quella sede: vedasi, tra l'altro, la "Voce di Milazzo", nn. del dicembre 1995 e del febbraio 1996.
Pertanto, l'attuale e dovuta puntualizzazione parte dal già citato "Mastro Inventario" dei beni della famiglia Lucifero (compilato "... per Don Paolo Lucifero, Barone di S. Nicola e Regio Maestro Segreto della Città di Milazzo") nel quale, alla data del 1752, troviamo puntualmente annotato: "Palazzo vecchio de' Baeli a S. Gaetano che fu fatto da D. Vin.zo Baele nell'A.D. 1568. Abbisognevole di ripari". Tale datazione trova indiretto richiamo in un atto del 7 novembre 1607 rogato dal Notaro Don Francesco Scarpaci, nel quale viene fissata "...la conferma de la franchezza [esenzione fiscale] alli Baeli per decreto del Conseglio [di Milazzo] dato nell'anno 1583 per la casa del Governadore de ante posta a serviggio di questa Città".
Quindi, già nel 1583, e con certezza, l'edificio ci viene tramandato come "de ante" destinato a sede del Regio Gover-natore; sebbene non ci sia dato conoscere se l'inizio di tale funzione abbia preceduto o seguito la prima occasionale dimora di Don Giovanni d'Austria dell'agosto 1571, avvenuta ad appena tre anni dalla costruzione del palazzo.

Comunque, l'anno 1583 è quello in cui, nel mese di luglio, Marcantonio Colonna aprì la serie dei viceré spagnoli ivi ospitati. Ed al Colonna seguirono (anteriormente alla data del 1612) quelle egualmente documentate del Duca di Feria, maggio 1604 e del Duca d'Ossua del marzo 1611.Qui veduta della Salita S. Francesco con il Palazzo dei Viceré in rovina (all'epoca perchè ora è restaurato! vedi la foto).
Ciò considerato, l'esatta lettura dell'atto dell'11 novembre 1612 individua nello "spatio di terreno" acquisito da Francesco
Baele per "spendere in fabrica" l'area attigua al palazzo cinquecentesco (il "Palazzo del Governo", come da segnatura a margine) perché fosse ampliato - "dumum così, la più bassa, modesta e disarmonica struttura edilizia rivolta a settentrione, oggetto di più tardi rimaneggiamenti, la quale nel progetto iniziale avrebbe dovuto, presumibilmente, occupare l'intera area poi utilizzata a giardino. Chiaramente una nuova e diversa edificazione, la quale venne a suturarsi con il monumentale palazzo del cinquecento, laddove questo è segnato e definito da una significativa parasta angolare in pietra in parte occultata dalla successiva costruzione, ovvero -come andremo ad esplicitare - da "la nuova fabrica".
Che la "nova fabrica" non fosse del tutto compiuta due mesi prima della scadenza fissata dalla concessione Io si ricava, congiuntamente, dal "Libro del Tesoro" e dalla "Giuliana Zirilli". nei quali alla data del 23 agosto 1613 si riscontra l'identica e testuale annotazione: "Visoloco [sopralluogo tecnico] fatto da' Giurati, Sindico ed esperti collo ingionto a D. Francesco Baeli a perfezionare la nova fabrica resa a la Casa de li Ministri del Regno e del Governadore".

L'ultimo documento degno di citazione è quello (Famiglia Lucifero) relativo al riscatto del palazzo ereditato in parte dai PP. Minimi del locale Santuario nel 1727. Riscatto conseguito da Don Federico Diego Lucifero con atto 11 ottobre 1728: "...l'affrancamento (...) sullo intero palazzo per l'addietro de li Baele, alla Strada grande": "Strada grande", una delle antiche e varie denominazioni con le quali si indicava l'attuale via GB. Impallomeni.
Infine, non possiamo omettere come l'indagine interdisciplinare (la documentale, la storica e la ricognitiva) sia la sola - e non solo nella fattispecie - a conseguire riscontri rigorosi.

Soffermandoci, a tal proposito, sull'analisi filogica del manufatto rileviamo che quanti tra tecnici, storici dell'arte ed Enti si sono interessati del prestigioso palazzo lo hanno, all'unisono, valutato e classificato, nel suo impianto originario,un ragguardevole esemplare concepito e realizzato sui canoni della geometria manieristica del secondo Cinquecento trapiantata a Messina da Andrea Calamech.
Un edificio dall'imponente, massiccio e compatto taglio architettonico espressione di quella intensa stagione artistica e di un suo ben preciso linguaggio. Ben diverso, invece, l'ampliamento seicentesco, diseguale nello stile, nella tecnica costruttiva come nei materiali impiegati.
Dunque, l'identità del Palazzo dei Viceré e dei Governatori - e quindi il suo "atto di nascita" -, in quanto risultato di una lettura complessa, rigorosa ed integrata, non può che essere definita dai riscontri, indispensabili per una risposta certa.

L'occasione ci riporta, inevitabilmente, a riconsiderare, e con profonda amarezza, la vacuità degli impegni e dei propositi espressi dai responsablili nel corso della iniziativa promozionale di quel 9 dicembre 1995.
Tre anni di abbandono e di ulteriore degrado pesano più che mai su un bene culturale legato, in eguale misura, al pas-sato di questa città come alla storia della Sicilia.
Oggi, come allora, rinnoviamo l'appello per il suo recupero e la sua fruizione. E che la risposta sia concreta, pronta ed adeguata. Prima che sia troppo tardi!

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