Un appassionato in botanica, autodidatta:
il sig. Giovanni La Spada di Milazzo

 

Giovanni La Spada

Nasce a Milazzo il 26/01/1965. Fin da piccolo alterna gli studi con il lavoro nell’azienda agricola di famiglia, una delle prime a coltivare nella piana di Milazzo fiori e poi piante ornamentali.  Nel frattempo matura il suo amore per la scienza che unito al suo impegno nell’azienda familiare lo porta a mettere su, in collaborazione con altri amici florovivaisti, un laboratorio selfmade di micropropagazione, una particolare tecnica di coltura in vitro di tessuti ed organi vegetali, che consente la produzione di giovani piantine. Il suo impegno, ormai ventennale, continua alla ricerca della messa a punto di nuove Il sig.Giovanni La Spada accanto alla sua cappa di aspirazione nel laboratorio scientifico delle idee!applicazioni biotecnologiche, anche se ciò è reso difficile sia dai pochi mezzi a sua disposizione, sia per la difficoltà di trovare collaborazione, in una società, come quella siciliana, dove la cultura scientifica (e l’amore per la scienza) sono poco diffuse. Ultimamente collabora con il mensile locale La Voce di Milazzo, curando una rubrica dedicata all’utilità delle piante per la salute. Segue un articolo che ha scritto:

Coltura di germogli in vitro"Forse non esiste in Italia, un’area con maggiore vocazione per l’agricoltura della piana di Milazzo. Di questo se ne dovrebbe sempre tenere conto ogni volta che ,oggi come in passato, si utilizza il suo territorio per altre destinazioni non compatibili con l’economia agricola. Se, come con il florovivaismo, l’agricoltura ha dimostrato di essere una fonte sicura e duratura di reddito e occupazione, lo si deve alla capacità di inventiva, creativa e di innovazione degli agricoltori  milazzesi. Io penso che con le stesse attitudini,meglio se espresse da individui non isolati, ma in collaborazione fra loro, si possano ancora trovare nuove strade. Penso che per ciò sia necessario promuovere e diffondere la cultura scientifica, che fra l’altro è il motore di qualsiasi attività economica o più in generale umana.

Agricoltura è da sempre sinonimo di produzione di cibo. Ma non è solo questo. Le piante sono come dei laboratori biotecnologici in grado di sintetizzare molecole la cui complessità è tale che nessun laboratorio chimico può a volte cercare di imitare, e in ogni caso la natura, con il suo patrimonio di milioni di anni di evoluzione,rimane e rimarrà una fonte quasi inesauribile di sostanze utili all’uomo,dai coloranti ai farmaci. Le piante producono i metaboliti primari,proteine carboidrati e grassi, che utilizziamo come cibo, ma anche i metaboliti secondari. Questi, prodotti in quantità piccolissime, servono ai vegetali per difendersi dalle avversità biotiche (parassiti) o abiotiche (stress ambientali), ma hanno proprietà utili per l’uomo. Così ad esempio, è possibile isolare sostanze farmacologiche(e non solo) da colture di cellule vegetali coltivate in vitro. In tal modo si ottengono concentrazioni del prodotto isolato che non sarebbe possibile ottenere direttamente dalle piante. Questo è il vantaggio della biotecnologia per la medicina tradizionalmente intesa per curare i pazienti la dove è necessario l’intervento tempestivo a breve termine. Ma la natura offre un altro vantaggio, quello di curarsi con le piante con il loro normale contenuto di metaboliti secondari, in maniera più efficace sul lungo termine. Infatti l’organismo umano è più adattato  ad assumere i prodotti naturali perché da sempre si è cibato dei vegetali. Inoltre nella complessità di un prodotto naturale ci sono decine o centinaia di principi attivi che interagiscono Serra di ambientamento, dove si ottengono le piantine provenienti da vitfra di loro creando delle forti sinergie che ne aumentano l’efficacia, e ciò non può essere ottenuto dai farmaci tradizionali che contengono uno o al massimo due principi attivi.  Così ad esempio la vitamina C ottenuta artificialmente da sola, non può avere lo stesso effetto della vitamina C contenuta nel limone ,in quanto agisce in sinergia con altre sostanze. Senza contare poi, che il limone così come altri frutti o vegetali previene e cura molte malattie contemporaneamente. Ecco quindi che il discorso dell’agricoltura, delle nuove strade da percorrere, si sposa con quello della medicina  preventiva, della corretta alimentazione e della salute. Sarà quindi, l’argomento principale di questa nuova rubrica".

Con la scusa di chiedergli di cosa si occupi, avendo visto insieme all'amico Pippo Ruggeri, gli chiediamo di collaborare al nostro sitoweb e rimaniamo incuriositi nell'ammmirare il suo impegno, o meglio, il suo amore per le creature vegetali. Insomma una mosca bianca in un paese dove ci illudiamo che nel petrolio e nell'energia risieda il nostro futuro, dimenticando che l aterra generosa della Piana e del Capo ha nutrito nel tempo generazioni di uomini. Seguono appresso i suoi articoli comparsi su un giornale a tiratura locale.

ALOE VERA (BARBADENSIS) E ALOE ARBORESCENS.

Cappa a flusso laminare per lavorare in sterilità.Il genere Aloe è stato recentemente collocato all’interno della famiglia  delle asphodelaceae (finora era compreso fra le liliacee). A sua volta il genere comprende circa 400 specie, ma le più importanti dal punto di vista delle proprietà curative sono l’aloe barbadensis(aloe vera) e l’aloe arborescens, Dei due la farmacopea ufficiale riconosce solo la barbadensis e solo per la sua capacità di guarire le ferite della pelle e per le proprietà lassative di un suo preparato, l’amaro aloe. In realtà, l’aloe che è una delle specie più studiata al mondo, ha  molte altre proprietà, tanto che è stata utilizzata per curare numerose  malattie. Originaria dell’est e del sud Africa, l’aloe si è diffusa in tutto il mondo e anche a Milazzo la ritroviamo sia fra le nostre piante di casa che allo stato spontaneo. Possiede succulenti foglie di colore grigio –verde, di forma allungata, munita di spine lungo i margini, e sono disposte a rosetta attorno allo stipite. La arborescens si distingue perché ha uno stipite più lungo e visibile e perché le foglie sono meno succulente. Inoltre , rispetto all’aloe vera, è più resistente al freddo e possiede il 70% di principi attivi contro il 40% della barbadensis. In linea generale si può dire che la barbadensis è più utile per le applicazioni esterne (sulla pelle) e l’arborescens sembra essere più indicata per l’assunzione interna dei suoi preparati. Prima di continuare il discorso è importantissimo dire che l’1% della popolazione è allergica all’aloe. Chi è allergico ad essa non deve assolutamente prendere l’aloe. Per sapere se si è allergici basta applicare un po’ del gel  contenuto all’interno delle foglie sulla  parte interna del braccio  a livello dell’articolazione con l’avambraccio. In caso di allergia si ha arrossamento della pelle e sensazione di prurito. Proprio il gel che si osserva quando si taglia una foglia  è consigliato anche dalla farmacopea ufficiale per le lesioni della pelle. In caso di tagli e ferite, dopo aver pulito la pelle, vi si applica il gel e si fascia per mantenere il contatto del gel sulla pelle a lungo. Allo stesso modo, per le ustioni e le scottature(se causate da acidi bisogna lavare accuratamente). Il gel elimina il dolore, riduce il pericolo di infezioni e soprattutto accelera il processo rigenerativo, ripristinando condizioni di normalità, riducendo le cicatrici. E’ anche un buon rimedio per punture di insetti. Sembra essere efficace anche per le vene varicose,verruche e porri, e anche per la forfora e la seborrea. Limitando quest’ultima si ha una conseguente ricrescita dei capelli. Il gel può essere anche usato per via interna come rimedio per le ulcere peptiche e nelle sindromi da colon irritabile. A piccole dosi le proprietà amare dell’erba stimolano la digestione, a dosi più elevate sono lassative e purgative. Queste ultime proprietà sono dovute agli antrachinoni, che si ritrovano nell’amaro aloe ,un preparato erboristico ottenuto dal succo giallo e amaro della base delle foglie, usato contro la stipsi, ma che è controindicato  sulla pelle e per via interna durante la gravidanza e l’allattamento. L’amaro aloe non si deve prendere se sofferenti di malattie renali o di emorroidi. Se l’amaro aloe è controindicato per le emorroidi, ciò non significa che l’aloe non si possa usare per curarle, anzi si tratta di una delle numerose malattie che possono essere trattate con varie modalità con la nostra pianta. E’ quanto riferito nel libro del prof. Hernàn Interno del laboratorio dove La Spada prepara i terreniRodriguez Navas , docente dell’università del Costarica, che più volte è venuto proprio a Milazzo per parlare durante alcuni convegni sull’uso delle piante medicinali. Nel suo libro, al di là delle varie procedure di trattamento, in linea generale, si consiglia di assumere per via orale un cubo(2x2x2cm) di gel contenuto nelle foglie e disciolto in una tazza di acqua. Nella buccia della foglia sono contenuti degli antibiotici naturali e gli antrachinoni, come l’aloina,, barbaloina , isobarbaloina e antranoli. L a porzione gelatinosa interna contiene una miscela di polisaccaridi, tra cui l’acemannano che da solo si ritiene possa curare 100 malattie differenti. Sia gli antrachinoni che i polisaccaridi sono ritenute delle sostanze antitumorali. In particolare, gli antrachinoni inducono un’elevata attività replicativa nei linfociti T citotossici e sui natural –killer (cellule del sistema di difesa immunitario). I polisaccaridi, soprattutto l’acemannano, che sono facilmente assorbiti dai villi intestinali, vengono riconosciuti dal sistema immunitario come elementi estranei all’organismo(antigeni) e quindi inducono una reazione immunitaria che si traduce nell’attivazione dei linfociti T gamma-delta ben presenti nelle circa 150 stazioni linfonodali dell'intestino e quindi si mette in moto una cascata immunitaria con la successiva attivazione di altre cellule del sistema immunitario. Dunque, il gran numero di malattie che l'aloe può curare si deve principalmente all’attivazione del sistema immunitario. Molte altre sostanze  della pianta sono ancora sconosciute, come lo era fino a poco tempo fa l’aloeride, un altro polisaccaride scoperto presso l’università del Missisippi, presente in tracce nel succo di aloe(0,015%) e che ha la capacità di innescare l’attivazione dei macrofagi del sistema immunitario e può essere considerato il più importante singolo componente del succo di aloe vera. Dunque esistono numerose ricerche di laboratorio che tendono a comprovare l’efficacia dell’aloe contro i tumori e altre malattie(compreso l’aids), ma sono molto scarse le ricerche cliniche condotte su un numero elevato di pazienti, perché questo richiede una spesa quantificabile in molti milioni di dollari che solo le grandi multinazionali farmaceutiche potrebbero sostenere , non avendone però dei futuri ritorni economici. Comunque le poche ricerche che sono state fatte nel mondo sembrano abbastanza confortanti, come quella condotta a Padova dal gruppo del professor Palù, che ha dimostrato la validità dell’aloe contro i tumori neuroectodermici che aggrediscono il sistema nervoso dei bambini. In assenza di ricerche cliniche condotte su vasta scala, rimangono i numerosi casi isolati registrati ,di cura contro i tumori, soprattutto nei paesi poveri dove molta gente non si può Interno del laboratorio con l'autoclave per sterilizzare i terrenipermettere le costose cure dei paesi ricchi. Ed è proprio in uno di questi paesi poveri, il Brasile, che l’ormai famoso padre Romano Zago ha raccolto in un suo libro le numerose testimonianze di cura con l’aloe. In Brasile viene utilizzato un frullato di foglie di aloe arborescens(300g di una foglia fra le più vecchie di una pianta di almeno 4-5 anni) con 500g di miele naturale(che funziona come veicolante nell’organismo) e 4-5 cucchiai di distillato(ad esempio la grappa). Di questo preparato se ne può assumere un cucchiaio tre volte al giorno, mezz’ora prima dei tre pasti principali. La terapia ha funzione preventiva se fatta una volta l’anno per dieci giorni, e curativa se fatta continuamente ad intervalli di dieci giorni. Molti preparati che si basano su questa ricetta sono fatti da  molte aziende. Io non sono in grado di dire quanti e quali di questi hanno la stessa efficacia della ricetta, perché ci sono molte variabili non verificabili nella loro produzione. Inoltre ,nello scrivere questo articolo ho cercato di non accendere facili entusiasmi. Ma era pure importante non sottacere delle informazioni che possono essere verificate da tutti. Nel prossimo articolo parlerò dell’aglio, una pianta medicinale conosciuta da molto tempo per le sue proprietà, e con la  quale recentemente sono state scoperte nuove straordinarie possibilità di cura.

AGLIO (Allium sativum)

L’aglio appartiene alla famiglia delle liliacee ,conosciuto per il suo odore e sapore pungente è un’erba medicinale ideale, completamente sicura per l’uso domestico e ideale per una cura energica dei problemi di salute. Si oppone a molte infezioni, in particolare quelle bronchiali(del naso ,della gola, e del torace), e quelle del tratto digerente ( anche i parassiti intestinali). Si può prendere contemporaneamente agli antibiotici convenzionali per coadiuvarli e aumentarne lo spettro d’azione. Inoltre previene i problemi circolatori e tiene basso il livello dei grassi nel sangue. Riduce il livello del colesterolo e la pressione sanguigna. Inserito nella dieta previene l’insorgenza del diabete diminuendo il livello degli zuccheri nel sangue. Recenti studi hanno evidenziato che alcune popolazioni della Cina che fanno abbondante uso di aglio sono notevolmente protette da malattie, come il cancro allo stomaco, l’ulcera, l’aterosclerosi, l’ictus e l’infarto che sono fra le prime cause di morte in Europa. Si è dimostrato allora che l’azione protettiva dell’aglio è dovuta principalmente alla sua azione antibiotica contro l’Helicobacter pylori. Questo è un bacillo che colpisce il 90% degli abitanti dei paesi sottosviluppati e il 30-40% di quelli dei paesi occidentali, ma è proprio nei paesi ricchi dove la dieta è più ricca di grassi che determina maggiormente le malattie sopraindicate. Il batterio, una volta penetrato nello stomaco attacca lo strato mucoso che lo riveste e si ha quindi l’esposizione delle cellule gastriche all’azione corrosiva dell’acido cloridrico prodotto per le normali funzioni digestive, determinando le ulcere gastriche. Invece l’helicobacter  si protegge dalla forte acidità grazie a un enzima, l’ureasi, con cui trasforma l’urea(che arriva nello stomaco con la saliva e i succhi gastrici) in bicarbonato e ammoniaca. Questi essendo basici, reagiscono creandogli attorno una sorta di schermo protettivo che neutralizza l’acido. Ovviamente altri fattori concorrono alla formazione delle ulcere: l’aumento dell’acidità gastrica, la diminuzione delle difese immunitarie, il fumo, la dieta, lo stress, l’alcol, l’ipersecrezione della gastrina, l’uso di farmaci antinfiammatori e antidolorifici. Così pure, le malattie cardiovascolari determinate da una dieta ricca di grassi e dal cosiddetto colesterolo cattivo in eccesso, sono favorite dal batterio, la cui presenza stimola le difese del sistema immunitario che si mette a produrre un tipo di globuli bianchi, i monociti, facendo sì che le placche aterosclerotiche presenti nel sistema circolatorio aumentino le loro dimensioni e quindi la loro capacità di ostruire le arterie. Recenti studi hanno dimostrato che l’aglio da solo contrasta efficacemente l’helicobacter e può essere usato soprattutto nei casi di assuefazione del batterio agli antibiotici in uso. Si è anche dimostrata una buona sinergia d’azione fra l’aglio e l’omeprazolo, una medicina che blocca il meccanismo che pompa l’acido gastrico dalle cellule della parete verso l’interno dello stomaco. Dunque prendere uno o due spicchi d’aglio al giorno può allungarci di molto la vita(e renderla migliore).

Il convegno del rotary sul florovivaismo

Ho appena finito di preparare il mio pezzo su Psidium, che ho deciso di riprendere a scrivere sia pur brevemente,per esprimere le mie opinioni di florovivaista, non appena sono stato di ritorno al convegno organizzato dal rotary sul florovivaismo.  Un convegno molto interessante, pieno di proposte costruttive a cominciare da quella di istituire un corso di laurea breve sul florovivaismo e quella di promuovere la ricerca scientifica nell’ambito del progetto dei Giardini di Federico.  A dire la verità forse il discorso si è troppo incentrato sulle infrastrutture che dovrebbero ospitare i laboratori. Non che non siano importanti, anzi… Tuttavia ritengo si debba fare uno sforzo affinché si diventi operativi da subito con le strutture , i mezzi e le capacità professionali di cui già si dispone  e che hanno la loro sede naturale nelle scuole. E non mi sto riferendo solo alle scuole agrarie, perché il discorso delle applicazioni della scienza al mondo delle piante coinvolge tutte le scuole.  Posso fare l’esempio della ricerca sui metaboliti secondari(utilizzati anche come farmaci) che abbisognano delle tecniche di cromatografia che, sembra, l’industriale di Milazzo possieda. Certo, occorre coinvolgere le volontà e le capacità esistenti, ma forse questo è più difficile (senza colpa per nessuno) che costruire una infrastruttura nuova, che comunque dovrà funzionare con  la capacità e soprattutto la passione degli uomini. Non ci illudiamo che con il denaro si possa comprare tutto. Né dobbiamo credere che i grandi  laboratori di ricerca nazionali od esteri siano nati sulla spinta del solo denaro. In India, nazione fra i più poveri del mondo (non per molto) la ricerca biotecnologica è una delle più avanzate al mondo, grazie all’attenzione che si è dato alla creazione per la formazione di un certo numero di scienziati. Altre questioni sono state sollevate, come quella di rendere utilizzabile in qualche modo il centro mercantile di ciantro per dei fini  il più possibile vicini a quelli per i quali era stato costruito, e cioè per l’agricoltura. Ma un argomento importante è emerso  proprio dalle parole del sindaco di Milazzo, il quale ha voluto rassicurare i florovivaisti che la nuova variante al piano regolatore non penalizzerà il settore sottraendo territorio per destinarlo all’edilizia. E’ quello che dovremmo augurarci tutti se è vero che come è emerso il florovivaismo Milazzese è diventato vitale per l’intera economia del comprensorio, tanto che una sua riduzione potrebbe essere deleteria anche per le altre attività economiche(anche l’edilizia), se è vero che tutti i comparti produttivi si tengono insieme. A meno che non vogliamo un futuro invivibile con un aumento della concentrazione della popolazione su un territorio senza risorse produttive(e quindi aumento dei problemi sociali a cominciare della criminalità). Ma se c’è una qualità che personalmente apprezzo del nostro sindaco, è la sua capacità di saper conciliare non solo le diverse parti politiche ma anche economiche della nostra città, una qualità assolutamente necessaria in questo momento. Certo è, però, anche che al di là di quello che può fare una singola persona,  tutta la nostra città deve adottare il più possibile il criterio della concertazione economica, l’unica in grado di garantirci un futuro vivibile in tutti i sensi, non solo economici. Non si dimentichi inoltre che là dove si cementifica il territorio è irreversibilmente perduto all’attività agricola. Una bella responsabilità  nei confronti delle generazioni future, al di là delle diversità di opinioni. Per quanto mi riguarda, al di là di come andranno le cose, continuerò a fare la mia ,sia pur piccola parte ,come florovivaista e per promuovere la cultura scientifica, disponibile a “concertarmi” con gli altri cittadini di questo paese.

La Guava o psidium guajava è un albero di tipo arbustivo basso e molto ramificato, appartenente alla famiglia delle mirtacee. I fiori sono  solitari o riuniti in gruppi di 2-3. I frutti variano molto in forma dimensioni e peso. Il frutto presenta un forte aroma molto tipico, il suo gusto varia da  acido , agrodolce, dolce.  Il colore della polpa varia dal bianco, giallino, rosato, rosso, a seconda della cultivar. I semi sono numerosi, piccoli e bianchi. E’ una specie che si adatta a molti tipi di terreni e potrebbe essere coltivata nel meridione. Anche a Milazzo la Guava cresce senza alcun problema. Si può propagare per seme, pollone radicale(come il nocciolo), talea e innesto. I frutti, che si ottengono dopo il terzo anno e a tre sei mesi dalla fioritura ,maturano dalle nostre parti a cavallo fra l’estate e l’autunno, si raccolgono quando il verde dell’epicarpo comincia a virare verso il giallo. Dalla trasformazione del frutto si ottengono succhi, nettari, marmellate e paste. Ogni 100g di polpa contengono 70 calorie,81g di acqua, 1g proteine,0.6g grassi, 17.1 carboidrati, 5,5 fibra, 0,7g cenere, fosforo 29mg, calcio 30mg,,rame 0,2mg ,ferro 0,7 ,carotene 0,15mg , niacina 1,2 mg , riboflavina 0,04mg , tiamina 0,07 mg ed infine il dato più rilevante 302 mg di vitamina C. La Guava  era nota alle popolazioni precolombiane che ne apprezzavano molto il frutto. Il nome azteco era  Xalxocotl.  Essa  è molto diffusa nel tropico americano, ma anche in Africa (soprattutto Mozambico) e in Asia(soprattutto  India) dove furono introdotti da portoghesi e spagnoli. Nella medicina indigena, gli estratti di radici, corteccia e foglie sono usate per trattare le gastroenteriti, vomito ,diarrea ,,dissenteria, ,ferite, ulcere, mal di denti , tosse , mal di gola, ecc.  Si spiega scientificamente la possibilità di cura di tutte queste patologie grazie a delle sperimentazioni che hanno dimostrato l’attività inibitoria nei confronti di 8 specie batteriche e delle amebe, e anche un’attività antispasmodica.  Ma come se ciò non bastasse le foglie di Guava in decozione(una tazza tre volte al giorno) sono ampiamente usate per ridurre il tasso dello zucchero nel sangue dei diabetici. Anche il succo del frutto è raccomandato contro il diabete. Anche tutto questo è stato dimostrato scientificamente in vitro, sui ratti e su volontari umani. Si è anche dimostrato che il succo del frutto può combattere, in uso agricolo, la ruggine del mais, il virus del mosaico del tabacco, ed  anche  agisce contro i molluschi . Nel prossimo numero parleremo dell’Aloe la pianta medicinale più studiata al mondo e sulla quale si è  incentrata negli ultimi tempi l’attenzione degli studiosi, degli scienziati ma anche della gente.

Il Limone e Psidium guajava

Nel precedente articolo di questa rubrica avevamo fatto cenno sul frutto del limone. Esso è un tipico esempio di come il confine fra un alimento e una medicina naturale non è netto. E’, infatti, un cibo che aiuta a mantenere un buono stato di salute generale. Il succo di limone, grazie al suo contenuto di citrina, svolge un’azione depurativa del sangue e in conseguenza previene o cura alcuni dolori delle articolazioni che sono dovute oltre all’usura del tempo anche a una cattiva alimentazione, causa dell’accumulo nel sangue di inquinanti metabolici. Nonostante il suo elevato contenuto in acidi, una volta ingerito,il frutto svolge effetto alcalino nell’organismo, divenendo utile nelle patologie di carattere reumatico dove l’acidità è un fattore che contribuisce a peggiorare la malattia. La polpa e la corteccia contengono i bioflavonoidi, che oltre a potenziare l’azione della vitamina C(presente in quantità doppia rispetto alle arance), rafforzano il rivestimento interno dei vasi sanguigni,specialmente delle vene e dei capillari, aiutando a prevenire i disordini circolatori. Il limone ha quindi un’azione antireumatica, antiossidante, depurativa e antisettica. Grazie a queste ultime due funzioni è un prezioso rimedio per i sofferenti di arteriosclerosi, di infezioni e di febbri(specialmente di stomaco,fegato e intestino). Il succo ,oltre a essere utile per il mal di gola e le gengiviti, si può applicare esternamente per curare l’acne,il piede d’atleta, i geloni,le punture di insetti, la tricofizie, le scottature solari e le verruche.

Dopo tutto quello che abbiamo detto,ci pare che questo frutto,pur essendo molto coltivato nella nostra zona,non è sufficientemente valorizzato per la nostra alimentazione. Soprattutto tra i giovani forse hanno più successo le merendine confezionate(tralasciamo di esprimerci sul loro contenuto) o le patatine fritte(idem).E’ anche per questa insufficiente valorizzazione(non solo del limone) dei nostri prodotti agricoli tradizionali che l’attività agricola tradizionale è poco remunerativa(alla produzione il limone si è venduto anche a 200 delle vecchie lire al chilo). E’ veramente amaro constatare che nella nostra società cosidetta borghese e perbenista il ruolo degli agricoltori(dei quali sono orgoglioso di farne parte) tenda ad essere marginalizzato.

Per la nostra agricoltura bisognerebbe puntare oltre che alla valorizzazione dei prodotti tradizionali,anche sulle colture di recente introduzione,come in primo luogo quelle florovivaistiche., o quelle di origine tropicale. Nelle piante tropicali, in genere,i metaboliti secondari, dei quali abbiamo già parlato nel precedente articolo(ad esempio i bioflavonoidi lo sono),sono maggiormente presenti, quantitivamente e qualititivamente,rispetto che nelle altre specie. Così nel prossimo articolo parleremo di una di esse,il cui nome scientifico è Psidium Guajava. Per ora anticipiamo solo che è utile contro il diabete.

Convegno I Giardini di Federico-13 novembre 2004-

 Nel progetto di realizzazione dei Giardini di Federico sono previsti anche  laboratori di ricerca che possono avvalersi delle tecniche di coltura in vitro dei tessuti vegetali.  Per mezzo di esse è possibile isolare e coltivare in vitro delle porzioni ( germogli, radici, foglie o anche singole cellule) di piante.  Queste porzioni o espianti sono posti dentro contenitori di vetro (provette, bocce) messi in contatto con una soluzione nutritiva, liquida o gelatinosa, contenente tutti i nutrienti e gli ormoni che consentono la vita degli espianti stessi   La gelificazione del substrato nutritivo si ottiene mediante una sostanza ottenuta dalle alghe del mare del Giappone, l’Agar.   Gli espianti, posti per la prima volta in coltura devono essere sterilizzati con sostanze chimiche, così come i contenitori con la soluzione nutritiva devono essere sterilizzati mediante il calore umido in autoclave, per evitare contaminazioni fungine o batteriche.    La crescita degli espianti in vitro viene stimolata con l’uso degli ormoni vegetali immessi nella soluzione nutritiva, che in base alla loro natura e concentrazione, determinano lo sviluppo di organi come i germogli, le radici o la massa di cellule indifferenziate; masse che vengono chiamate calli.   Lo sviluppo dei calli consente vari esperimenti, fra i quali alcuni di natura genetica o fisiologica, mentre lo sviluppo di organi vegetali consente di ottenere e propagare in vitro giovani piantine. Si ottiene, così, la “micropropagazione” che può essere considerata una particolare applicazione della cultura in vitro- La MICROPROPAGAZIONE è un processo di propagazione delle specie vegetali che si articola in quattro fasi successive. La prima fase è la messa in coltura iniziale dell’espianto preso da una pianta che vive all’aperto o in serra. L’espianto può essere: una gemma , un piccolo apice di germoglio di qualche cm, oppure un meristema apicale di qualche mm. prelevati con l’aiuto di uno stereo- microscopio.Quest’ultimo tipo di espianto si effettua  quando si vogliono clonare delle piantine che inizialmente sono esenti da virus. Infatti il meristema apicale, di 0,2-0,5 mm. è talmente piccolo e quindi talmente giovane, da non essere stato ancora infettato dai virus. La seconda fase è quella della moltiplicazione dei germogli che si ottiene nelle bocce a  partire dagli espianti cresciuti durante la prima fase in provetta per circa un mese, grazie alla presenza degli ormoni nella soluzione nutritiva (citochinine), i quali espianti promuovono la proliferazione dei germogli stessi con un tasso di moltiplicazione che dipende anche dalla specie vegetativa. Ad Esempio, il Callistemon produce circa cinque germogli  che si sviluppano da ogni singolo germoglio dopo un mese di coltura. Si ottiene ,così, una moltiplicazione esponenziale dei germogli che possono diventare molte migliaia dopo un anno di lavoro, con delle subculture mensili Una volta ottenuto il numero di germogli desiderato,  questi vengono posti su un substrato di crescita contenenti particolari ormoni, le auxine, che stimolano i germogli stessi ad emettere alla loro base,  le radici. La terza fase è, quindi, quella successiva della radicazione.  La quarta fase  consiste nel trasferire le piantine, dalle bocce  in appositi vasetti o  alveoli contenenti un substrato fatto di torba e perlite. Quindi vengono poste in condizioni particolari di umidità elevata , ad esempio sotto un telo di plastica, che viene ridotto gradualmente nell’arco di 15 giorni per consentire alle piante di acclimatarsi nell’ambiente esterno che è più asciutto. Infatti durante questa fase di acclimatazione le foglie delle piantine provvedono a costruirsi una cuticola cerosa superficiale che le protegge dalle perdite di acqua interne e quindi dalla disidratazione.  Durante le prime tre fasi le bocce sono tenute in camera di coltura in condizioni di temperatura e luminosità controllate mediante lampade particolari che le illuminano per 16 ore al giorno in modo da simulare le condizioni di foto- periodo estivo, quando le piante sono stimolate dalla durata giornaliera della luce a produrre al loro interno ormoni della crescita.
 

La MICROPROPAGAZIONE

Anche se più costosa rispetto ai normali processi di moltiplicazione per talea o per seme, presenta alcuni importanti vantaggi:

  • la possibilità di ridurre notevolmente i tempi di propagazione di una cultivar e quindi si soddisfare tempestivamente le richieste di mercato particolarmente per le specie di recente introduzione;
  • poiché le piantine sono allevate in vitro e quindi in condizioni di sterilità, vi sono maggiori possibilità di ottenere materiale vegetativo esente da patogeni come, funghi, batteri e virus;
  • molte specie si propagano con difficoltà con i metodi tradizionali, pertanto la micropropagazione rappresenta una alternativa;
  • in genere  le piante micropropagate crescono in maniera più rapida e vigorosa:
  • le piantine micropropagate tendono ad avere internodi più corti e una maggiore ramificazione, il che migliora la forma ornamentale di molte specie floricole, che assumono un aspetto più compatto;
  • le piante micropropagate hanno una maggiore percentuale di sopravvivenza, grazie ad un apparato radicale più sviluppato ed un maggior numero di gemme, oltre ad una maggiore uniformità di crescita .
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  • La micropropagazione è solo una delle tante applicazioni della cultura in vitro.

     Ho già accennato alla possibilità di ottenere dagli espianti vegetati, i calli, masse di cellule indifferenziate, cioè cellule non specializzate, come quelle, invece delle foglie, dei germogli e delle radici.; quindi prive di alcuna funzione come: la fotosintesi, l’assorbimento e la traslocazione dei nutrienti. In compenso, però, queste cellule possono potenzialmente svilupparsi e specializzarsi per qualunque funzione. Inoltre, la cosa più importante è che rispetto a quelle specializzate sono molto più suscettibili di cambiare il loro corredo genetico e di andare incontro a delle mutazioni.
     Così, dal callo , mediante l’impiego di particolari sostanze chimiche o mediante radiazioni mutagene, si possono ottenere delle cellule mutate che possono specializzarsi o dare vita a nuove cultivazioni.  Se, ad esempio, coltiviamo il callo su substrato nutritivo contenete il sale, le cellule che sopravvivono sono quelle mutate resistenti alla salinità, che possono dare origine, pertanto a piante resistenti alla salinità.  In maniera analoga si possono ottenere piante resistenti alla siccità, o a malattie indotte dai patogeni come: funghi, batteri, virus-  Questo tecniche di ottenere delle mutazioni, che prendono il nome di variazioni sovraclonali, non sono le uniche-  Avvalendosi delle culture in vitro, si possono realizzare degli incroci interspecifici mediante impollinazione di una specie con il polline di un’altra.  Naturalmente se ciò dovesse verificarsi in natura , l’embrione che si ottiene abortirebbe subito, perché in natura non è possibile l’incrocio fra specie diverse e ciò, infatti, è alla base della definizione di “specie”.   Una specie è tale perché non si può incrociare con un’altra  Gli incroci naturali avvengono all’interno della stessa specie  Tuttavia la coltura in vitro permette di superare questa barriera genetica, perché possiamo impedire l’aborto dell’embrione interspecifico. .Ad esempio, possiamo incrociare piante di patate con piante di pomodoro
     La coltura in vitro è necessaria anche per ottenere i cosiddetti OGM dei quali tanto si parla. Gli OGM sono organismi nei quali,il corredo genetico viene modificato mediante l’introduzione di un gene appartenente ad una specie diversa  La coltura in vitro consente anche di coltivare singole cellule che possono fondersi fra di loro, mettendo insieme il loro corredo genetico ed ottenendo degli ibridi somatici, mentre in natura ciò può avvenire solo fra cellule gametiche maschili e femminili, che danno luogo ad un embrione zigotico.  Un’altra grande applicazione della cultura in vitro è quella che consente di ottenere i cosiddetti metaboliti secondari dalle specie vegetali.  Ogni pianta, oltre a produrre zuccheri, grassi, proteine, cioè metabolici primari, produce anche delle sostanze che per la loro bassissima quantità vengono definiti metabolici secondari  La pianta li produce per difendersi dalle condizioni ostili dell’ambiente o per difendersi dai patogeni, ma possono tornare utili all’uomo che li può utilizzare come aromi, coloranti naturali, prodotti in grado di contrastare alcuni patogeni delle piante e dell’uomo e anche come farmaci.-  Un esempio tipico è quello del TAXOLO, un metabolica estratto dal tasso del Pacifico che funziona come un potente anti- tumorale..  Esso non può essere estratto dagli alberi altrimenti si provocherebbe una eccessiva e dannosa deforestazione.  Ed allora si coltivano le cellule del tasso in vitro con una soluzione nutritiva liquida, all’interno di uno speciale dispositivo chiamato bioreattore che consente la produzione del taxolo, che, a sua volta, viene isolato mediante cromatografia.  I metaboliti secondari prodotti dalle piante allevate in vitro, non possono ottenersi artificialmente, perché le loro molecole sono troppo complesse e nessun laboratorio chimico può fare meglio del laboratorio biotecnologico che c’è all’ interno di ogni singola pianta.  La coltura in vitro consente di cogliere i frutti.  In conclusione vorrei fare riflettere sull’importanza anche economica che i laboratori di ricerca scientifica possono avere nell’ambito del progetto “I GIARDINI DI FEDERICO”- Il futuro della nostra città può essere immaginato migliore se oltre a puntare l’attenzione sulle nostre naturali risorse e sulle nostre vocazioni territoriali, puntiamo anche sulle possibilità che la scienza e la cultura scientifica ci offrono.
     

     Sommario

    La coltura in vitro può essere utilizzata molto nei “Giardini di Federico”

    Gli espianti che producono organi vegetali permettono la micropropagazione

    La micropropagazione si articola in quattro fasi: 1)Riduce i tempi per nuove cultivar- -.2) Materiale vegetale più sano  -3) Può permettere la propagazione di specie difficili-4) crescita più rapida e vigorosa-5) Portamento più compatto-6) Maggiore sopravvivenza e uniformità di crescita-

    La crescita del callo permette mutazioni genetiche-incroci interspecifici-OGM- ibridazione somatica

    Produzione in bireattore di metabolici secondari come il TAXOLO

    Importanza dei laboratori di ricerca, della scienza e della cultura scientifica