Ritorno all’Acropoli di Milazzo
La città fortificata tra passato e futuro. cfr anche :
Milazzo antica come appariva attraverso
il racconto del De Roberto
Tratto da Milazzo Nostra, il webmaster ringrazia la preziosa collaborazione
de “ La Società Milazzese di Storia Patria”.
Il titolo suona come un annuncio propiziatorio o, più semplicemente, come
un invito a conoscere, ma sarebbe meglio dire a "riconoscere sul campo", le sembianze
della scomparsa "città madre", e un auspicio; un modo figurato per dire: si torni
sul Colle per ritrovare le tracce della città abbandonata- il 'cuore antico' di
Milazzo - e per riparare ad una colpevole negligenza della città contemporanea che
ha rimosso dalla denominazione della Rocca ( per tutti il "Castello") anche la memoria
onomastica di "città murata".
In
un documento topografico databile alla metà del '700 (circa 1755), che si suole
indicare come la "Carta di Napoli", con riferimento all'Archivio di Stato partenopeo,
che ne custodisce I' originale manoscritto,s i legge quanto della città murata restava
ancora in piedi in condizioni di apparente integrità,e quanta parte della stessa
appariva a quella data non più esistente. Le informazioni si spingono oltre. Gli
autori della rappresentazione appartenenti con tutta probabilità al Corpo Tecnico
dell"'Officio Topografico" di Napoli, hanno rilevato anche i contorni dei comparti
privi di edifici attraverso linee puntinate, restituendoci così il disegno dell'antica
trama viaria, delle piazze, delle aree libere e di quelle verdi. I documenti d 'archivio
ci consentono oggi di riempire mentalmente quei comparti svuotati. Nei loro contorni
vanno sicuramente inseriti edifici abitativi, di culto e di servizio di quella popolazione
stimata in 300 fuochi e circa 1200 individui nella "informativa" raccolta dal viceré
di Sicilia e indirizzata a Filippo II di Spagna nel 1582. E si può andare più in
là. Un sommario calcolo dell'ampiezza degli stessi isolati e della densità edilizia
da essi sostenibile ci porta a valutare le superfici disegnate come adeguate ad
un insediamento di 500 fuochi e di 2500 abitanti circa, concordemente a quanto si
ottiene disaggregando i dati fiscali dei registri angioini del 1277, e distinguendo
fra insediamenti fuori e dentro le mura.I documenti dell'Archivio Storico del Comune
(quel che resta di essi) consentono di ricostruire le vicende che hanno portato
al lento svuotamento e, infine, all'abbandono del sito. Dalle prime richieste di
trasferimento fuori le mura, accolte da Ferdinando il Cattolico a partire dal 1498,
ai numerosi tentativi dei viceré di trattenere la popolazione, reiterati per tutto
il sec. XVII e sempre falliti. Per le autorità regie I'esodo, inarrestabile,
costituiva ormai il più grave pregiudizio per la gestione in sicurezza
dell'imponente sistema difensivo della piazzaforte. La vicenda, come si sa, si è
conclusa con I'abbandono del sito e culminò con un Evento tragicamente
simbolico: una notte di marzo del 1778 un incendio, certamente doloso, sancì con
la distruzione della sede municipale anche la fine fisica della città entro le
mura. Altri contenuti importanti qualificano la Carta e la rendono
particolarmente significativa per ogni indagine sulla struttura urbana. Il
giudizio vale anche per uno studio complessivo delle fortificazioni che voglia
affrontare allo stesso tempo il rapporto tra la tipologia delle difese e il
sito. E’ come consultare un grande Atlante di situazioni che aspettano di essere
esplorate per conoscere, abbandonando i luoghi comuni, i condizionamenti, le
finalità generali e le ragioni contingenti accumulati nella storia edilizia e
urbanistica della città presa nella sua intera estensione.
L'Impianto urbano
che l'impianto urbano è nel suo insieme sufficientemente integro da consentire la
lettura delle principali fasi costruttive. Faccio due esempi pescati fuori dai confini
dell'Acropoli, anche per non perdere di vista la interdipendenza tra città alta,
collinare e bassa, poiché se trascurassimo questa fondamentale condizione non sapremmo
spiegare quasi nulla della evoluzione delle singole parti e dell'insieme, e nemmeno
le ragioni dell'abbandono della città alta. Il primo esempio: l’assenza del tracciato
novecentesco di via Cumbo Borgia (alla cui costruzione si accompagnarono demolizioni
e smembramenti) consente una buona lettura ricostruttiva dell’ impianto dei Casali,
resi in forma non dissimile da quella originaria, secondo una tipologia che richiama
quella di un fortificato insediamento di supporto alle attività portuali. Il secondo:
l' assenza del tracciato novecentesco di via Impallomeni e degli edifici che vi
si allineano, riporta alla sua naturale orografia I'intera collina di S. Rocco e
restituisce alla sua originaria funzione di unico collegamento carraio tra mare
e monte la "strada maestra" di S Francesco. Il ritrovamento di questi assetti, cancellati
dalle urbanizzazioni del secolo scorso, ci consente di valutare meglio l 'effetto
di chiusura che il muro di re Giacomo ha generato ai piedi del Borgo sul finire
del XIII sec. Altri sbarramenti avevano preceduto e accompagnato l'intervento del
sovrano aragonese dentro e ai margini della città murata, creando altre interruzioni
e compartimentazioni dei tessuti residenziali. Il tema delle divisioni interne generate
dalle servitù militari emerge come una costante nella storia degli insediamenti
milazzesi di età medievale e moderna e fa sentire i suoi effetti fino alle soglie
del XIX sec. Ma è anche vero che, sul tema, si sono registrati momenti di reazione
decisa con scelte di segno opposto fatte dalla società civile. Il progetto di costruire
la Nuova Cattedrale a ridosso della cinta cinquecentesca, superando abbondantemente
con la sua mole il profilo degli spalti, rappresenta una presa di distanza clamorosa
dalle prevaricazioni dei militari. Il Duomo che sopravanza lo sbarramento difensivo
diventa anche simbolicamente il segno di una volontà di cucitura nella "città tripartita".Oggi
si può postulare senza retorica (oppure con una misura giusta di retorica) il raggiungimento
dello stesso obiettivo di ricucitura ideale e culturale tra città murata e città
fuori le mura, finalizzando nella maniera più appropriata gli interventi di restauro
e di recupero in corso nella cittadella. Svolgerò questo personale auspicio nella
parte che segue. Dalla movimentata e necessariamente sommaria rappresentazione
dello stato di fatto, nella quale si è tentato di calare anche i segni della vitalità
passata, cercherò di entrare nella seconda parte del titolo con qualche ottimistica
suggestione più che con idee progettuali, che non mi competono, perché quel patrimonio
di cultura, di storia e di natura oggi ancora dormiente, o in stato di sonnolenza,
possa riprendere fiato e muscoli (almeno nelle intenzioni dello scrivente).
Quale il senso della seconda parte del titolo: "la
città fortificata tra passato e futuro"?
Tornati sull'Acropoli proveremo ad osservare lo 'stato di fatto' non più con lo
spirito con cui si compila un inventario di frammenti archeologici; i visitatori
sono troppo spesso indotti a leggere i monumenti sulla Rocca, al di qua e al di
là della Porta di S. Maria, come realtà disancorate dal loro originario contesto
urbano e al di fuori di una anche minima cronologia complessiva: la Cinta Spagnola,
il Bastione di S. Maria, il Duomo antico, il Convento delle Benedettine, la Porla
Aragonese e via elencando fino al Castello, la cui instabile paternità viene suddivisa
in parti uguali fra Arabi, Normanni, Svevi e Aragonesi, per non scontenta nessuno!
Sottraendomi a questo rito propongo una ricognizione dei luoghi anteponendo una
verità semplice per lo più taciuta:
quella parata di "antichità" (per qualcuno solo anticaglie) e di spazi vuoti era
fino a qualche centinaio di anni addietro un complesso unitario di edifici e di
spazi abitati da una comunità di cittadini vivi e indaffarati. Rompendo dunque con
le modalità, della visita turistica, dirò di attraversare la Porta di S. Maria rimescolando
realtà percepite, realtà immaginate, conoscenze storiche e suggestioni, alla ricerca
delle perdute 'relazioni urbane'. Il grande spazio della città abbandonata apparirà
allora come un teatro a cielo aperto, luogo delle associazioni mentali per eccellenza.
Nell'impresa ci accompagnano, come accennavo, le informazioni della cartografia
storica, segnatamente di quelle particolareggiate della 'Carta di Napoli', e la
ricca variata raccolta di reperti ritrovati all'interno del perimetro murato, di
varia natura e datazione, tutti riconducibili alle attività quotidiane di una comunità
insediata in quel sito almeno dall'età greca, che da alcuni anni sono custoditi,
ad opera della Società Milazzese di Storia Patria, nella sagrestia del Duomo Antico.
Le carte disegnate del '500,del '600 e del '700, rappresentano I'area confinata
entro le mura come spazio organizzato attraversato da strade, vicoli, piazze e incroci;
i resti delle ceramiche ornamentali, le monete, il vasellame di cucina, le brocche,
gli oggetti di devozione e di uso quotidiano, gli arnesi da lavoro e le pipe, riempiono
quegli spazi di testimonianze di vita vissuta e di quotidiane abitudini. I reperti
di più lontana datazione come le monete bizantine, i "follari" normanni, le ceramiche
dipinte aragonesi, danno la prova tangibile della continuità della residenza nel
sito.
Ogni edificio ritrova così la sua condizione cittadina. Ciascuna delle parti della
città diventa elemento essenziale dello stesso luogo abitato; dello stesso sistema
urbano, della stessa storia civile della Milazzo scomparsa, ogni edificio piccolo
e grande, ogni opera di difesa, ogni dispositivo per incanalare e conservare l’acqua,
ogni cisterna o fontana, diventerà così brano importante di
una
comune vicenda insediativa. Varcata la Porta di S. Maria possiamo già evocare gli
apprestamenti difensivi costruiti dai milazzesi per fronteggiare I'assalto che gli
Angioini di Napoli sferrarono in quel punto il 17 settembre del 1341,e non era la
prima volta, con scale, congegni da tiro e catapulte, senza successo. Poco dopo,
una biforcazione ci invita a scegliere:
si può salire al Castello percorrendo la "Via di Ponente"con un tragitto breve ma
più faticoso, passando dietro la "tribona" di S. Maria e davanti al palazzetto dei
D'Amico, oppure piegando sulla destra, accanto alla "Nuova" Cattedrale, per raggiungere
la piazza di S. Nicolò chiusa tra il Duomo in bella vista e il palazzo della Città.
“ Qui troviamo il centro religioso e amministrativo della Milazzo medievale e moderna.
Gli scritti degli storici seicenteschi ci informano che intorno alla 'Platea Magna'
si erano raccolte tre o quattro chiese, di rito greco e di rito latino, la sede
del governo locale e gli uffici finanziari. La 'Strada di levante' corre parallelamente
a due cinte sovrapposte, quella trecentesca (di fine duecento se di Giacomo) cui
I'ingegnere Antonio Tomasello aveva addossato la nuova cortina con antiquate caditoie
non del tutto convinto delle innovazioni cinquecentesche. Da qui la salita al Castello
ci allontana dalla Porta delle Isole e dalla Chiesa dell'Annunziata, presso la quale
i resti delle fortificazioni trecentesche tornano ad essere facilmente leggibili
tra le aggiunte e le sovrapposizioni più tarde.
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